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di Giulia Poetto

La Stampa, 23 marzo 2024

Annalena Benini al Morandi di Saluzzo per il progetto “Adotta uno scrittore”: “Scrivere è il mio modo di ragionare, non sono una da risposta pronta”. Cosa significa per uno scrittore essere adottato, e nello specifico da due categorie molto lontane dal lettore tipo? Essere sottoposto a domande a cui si tenta di rispondere con la consapevolezza che la protagonista del tuo libro saprebbe farlo meglio di te, scoprire dettagli prima inediti, darsi senza remore e ricevere molto più del previsto. È quello che è successo ieri alla scrittrice e direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino Annalena Benini, che ha vissuto una giornata saluzzese con due appuntamenti della 22ª edizione del progetto del Salone del Libro “Adotta uno scrittore”. Al centro di entrambi c’era “Annalena”, il suo romanzo uscito per Einaudi nel 2023 in cui Benini racconta la vicenda della missionaria laica Annalena Tonelli, sua cugina di terzo grado, nata a Forlì nel 1943 e assassinata in Somalia nel 2003.

Al mattino l’incontro con gli studenti della 4ª Db dell’istituto Soleri Bertoni di Saluzzo, guidati dalla prof. di Italiano Laura Carletti, al pomeriggio l’appuntamento nella casa di reclusione “Rodolfo Morandi”. Ad attenderla una trentina di detenuti tra studenti del liceo artistico della sezione distaccata del Soleri Bertoni e partecipanti ai laboratori di lettura e teatro. Libri sui banchi e tanta emozione da entrambe le parti cui cedere senza lottare. Benini sgombra subito il campo: “Il pubblico delle mie presentazioni è per la stragrande maggioranza di donne, per me questa è una novità, oltre che un regalo”. Domenico sceglie l’emozione come rompighiaccio. La voce stenta, ma il messaggio passa forte: “Non leggevo un libro dai tempi dei Romani: “Annalena” l’ho letto con molto interesse, nonostante all’inizio lo considerassi uno spacca cervelli”.

È il la a una lunga serie di interrogativi che mettono non poco in gioco Benini. Il quanto lo si può capire dalla sua risposta a uno sulla scrittura: “Scrivere è il mio modo di ragionare. Non sono una che ha la risposta pronta, nel confronto mi lascio sopraffare dall’emotività. Quando mi rileggo spesso dico: “non sapevo di aver pensato questo”. Eppure, le stoccate a bruciapelo dei detenuti le para con risposta, quasi tutte. Sul finale quando un detenuto propone la parola “amore” come etichetta per “Annalena”, facendole notare di aver chiuso il libro con quella parola, si arrende quasi sollevata e ammette che no, non ci aveva fatto caso, e che ha bisogno di rifletterci - tradotto, di scriverci su. Il 19 aprile, quando tornerà nella casa di reclusione per il terzo e ultimo incontro del progetto, in cui saranno presenti anche gli studenti del Soleri Bertoni, forse una risposta Benini l’avrà trovata.