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di Liana Milella

La Repubblica, 15 dicembre 2023

Alla Camera, nella legge di delegazione europea, un emendamento di Costa, responsabile Giustizia di Azione trova la sponda degli azzurri. Nordio cerca di trattare. E ci risiamo. Enrico Costa, il mago degli emendamenti sulla giustizia, mette in trappola il “topo” Carlo Nordio. Pianifica da tempo l’attacco. E al Guardasigilli l’aveva pure preannunciato il 7 settembre quando era andato a trovarlo in via Arenula assieme a Carlo Calenda. E mentre i due si sfidavano sulle citazioni di Churchill, lui aveva già annunciato tre attacchi, che poi via via ha materializzato in Parlamento, sulla prescrizione, sul fascicolo del magistrato e adesso sulle ordinanze di custodia cautelare vietate alla stampa addirittura fino al processo. Il buio totale sull’informazione giudiziaria. Tant’è. Costa è fatto così.

Avant’ieri se l’è presa con Piercamillo Davigo per via della battuta sugli imputati suicidi, “spiace perdere una fonte” dice la toga ormai in pensione, e giù lui durissimo “questo signore è stato pm, giudice in Cassazione, presidente dell’Anm e consigliere del Csm”. Ieri ha cominciato a scatenare l’inferno in aula alla Camera con uno dei suoi pestiferi emendamenti.

L’uomo è abile, alle spalle un’esperienza parlamentare ormai ventennale, i trucchi procedurali li conosce tutti, e mangiarsi un ministro del tutto inesperto del Transatlantico è un gioco da ragazzi. Pianifica l’operazione con abilità. La mette in atto. Si discute la legge di delegazione europea. E lui presenta un emendamento - che è là, nell’elenco, da ormai due settimane, ma via Arenula dorme sonni tranquilli e non se ne avvede - che contiene una bomba. Almeno per la stampa ancora libera. Anche se minacciata pure dalle microspie libere nei cellulari.

Ecco il testo. “Modificare l’articolo 114 del codice di procedura penale prevedendo, nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e in attuazione dei principi e diritti sanciti dagli articoli 24 e 27 della medesima, il divieto di pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva del Parlamento europeo e del consiglio del 9 marzo 2016 sulla presunzione di innocenza”.

Quell’articolo 114 vieta “la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare fatte eccezione per l’ordinanza”. Un’indicazione, quest’ultima, voluta dall’ex Guardasigilli Andrea Orlando nella legge sulle intercettazioni, entrata in vigore il 30 dicembre del 2019 con la firma del suo successore Alfonso Bonafede. Si trattava di una “conquista” per la stampa italiana, sulla quale adesso Costa chiede di fare marcia indietro. Una manovra che va di pari passo con il divieto di Nordio di vietare la pubblicazione delle intercettazioni.

Ovviamente nessuno, in via Arenula, si dev’essere reso conto dell’emendamento. Su cui Costa chiede pure il voto segreto, perché sa bene che ampi settori della maggioranza, a partire da Forza Italia, ma anche singoli esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia, nonché degli ex amici di Italia viva, sono assolutamente favorevoli a rendere segreta l’ordinanza di custodia. Via Arenula arriva in aula impreparata, non è la prima volta, la scena si ripete spesso. Freneticamente dal gabinetto di Nordio chiedono a Costa la disponibilità a riformulare l’emendamento, ma lui risponde seccamente di no. Sa che, se l’emendamento andrà al voto con scrutinio segreto, lui avrà la meglio.

Incassa dopo qualche minuto la piena solidarietà di Forza Italia. Parla Tommaso Calderone, il capogruppo in commissione Giustizia, che definisce la norma “di primaria importanza” e aggiunge che il suo gruppo la voterà perché “così si potrà ristabilire lo stato di diritto ed evitare che chi sia raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare venga sbattuto in prima pagina”. Il disegno e chiaro, mettere il bavaglio alla stampa. Calderone chiude il suo intervento con queste parole: “Forza Italia voterà sicuramente a favore”.

Per fortuna di Nordio l’aula ha i minuti contati. La votazione viene rinviata alla prossima settimana. Ma sul tavolo c’è una grana enorme. Che Costa affronta con la sfiducia miei confronti di Nordio per ben tre ragioni. Il suo intervento sulla prescrizione, che di fatto ha bloccato il voto in aula con il testo già pronto, incerto sull’ipotesi se inserire una norma transitoria, in un balletto tra il sì e il no con il suo vice ministro Francesco Paolo Sisto, che è chiaramente contrario alla richiesta dei presidenti delle Corti di Appello, ben 26 magistrati su 26, che, come Repubblica ha reso noto, hanno espressamente chiesto al ministro di inserire una norma per evitare la catastrofe degli uffici.

Ma non c’è solo questo dietro gli attacchi di Costa a via Arenula. C’è l’arrabbiatura sull’abuso d’ufficio, in quanto l’abolizione del reato poteva già essere legge se fossero andati avanti i disegni di legge alla Camera, mentre Nordio li ha bloccati e ha inserito la cancellazione della norma nel suo unico provvedimento, e per giunta lo ha voluto mandare al Senato, dove il testo è impantanato ormai da agosto. Nella fine di quello che sembrava un idillio tra Costa e Nordio, definito inizialmente dal responsabile Giustizia di Azione un ottimo magistrato e quindi un ottimo ministro, c’è lo scontro sul “fascicolo del magistrato”.

Lo propose Costa durante il ministero di Cartabia, lo ottenne, in quel fascicolo doveva essere valutata anche la gestione dei processi dei giudici, gli insuccessi dei pubblici ministeri, mentre adesso c’è soltanto una sorta di valutazione a campione, frutto, secondo Costa, della commissione istituita da Nordio al ministero in cui ci sono 18 giudici su 24 componenti.

Presieduta ovviamente da un magistrato, quel Claudio Galoppi che è stato al Csm, nonché consigliere giuridico dell’attuale ministra delle Riforme Elisabetta Casellati. Siamo dunque all’ennesimo scontro sulla giustizia. Ma soprattutto alla vigilia di uno scontro in parlamento, con il rischio che la maggioranza si spacchi e passi l’emendamento di Costa che nega la libertà di stampa.