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di Giampiero Rossi

Corriere della Sera, 12 ottobre 2023

Record al Sud e tra chi non ha studiato, ma è a Milano l’aumento più alto di indigenti. Il rapporto di ActionAid (su dati Istat): il 7,5% delle famiglie in condizioni di povertà assoluta. E almeno 200 mila tra bambini e ragazzi non è in grado di fare un “pasto completo” almeno una volta al giorno. “Distribuire cibo è fondamentale, ma non incide sulle cause dell’emergenza”.

In Italia almeno 6 milioni di persone al di sopra dei 15 anni (cioè il 12% della popolazione residente) vivono in condizione di povertà alimentare. Lo rivela l’elaborazione di dati Istat realizzata dalla Ong ActionAid nel suo quarto rapporto sulla povertà alimentare, che restituisce una fotografia dolorosa del Paese che esce dalla stagione della pandemia. Risulta infatti che 4 milioni di persone (8,1%) non sono in grado di fare un pasto completo - con carne, pesce o equivalente vegetariano - almeno una volta ogni due giorni, e che altri 3,3 milioni di cittadini (il 6,5%) non hanno la possibilità di uscire per mangiare o bere qualcosa con parenti o amici almeno una volta al mese. E ci sono anche 1,3 milioni (2,6%) di over 16 che soffrono di entrambe le deprivazioni alimentari: quella materiale e quella sociale.

Dopo la pandemia - L’anno di riferimento è il 2021, quando l’emergenza sanitaria ha congelato la vita e scoperchiato i tetti di paglia delle economie familiari fatte di precarietà e sussistenza, allargando la forbice delle disuguaglianze. Secondo l’Istat, infatti, in quel momento in Italia la povertà assoluta si conferma ai massimi storici raggiunti nel 2020, e coinvolge il 7,5% delle famiglie e il 9,4% degli individui residenti, registrando un aumento dell’1,7% rispetto al 2019 e del 5,2% rispetto al 2010. Quello che manca, tuttavia, è un’analisi mirata sulla questione alimentare, per capire quanto incide la fragilità economica sulla possibilità di mangiare cibo adeguato. Ed è per colmare questo vuoto che ActionAid ha elaborato - incrociandole - diverse rilevazioni statistiche ufficiali, costruendo così un indicatore e una mappa della deprivazione alimentare nel Paese.

La regola del “pasto completo” - La base la offrono i dati italiani dell’indagine europea sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie (Eu-Silc), che oltre a esplorare la questione alimentare, incrocia indicatori riguardanti la povertà, la deprivazione e l’esclusione sociale. “Una delle informazioni più preziose che abbiamo a disposizione per studiare il fenomeno della povertà alimentare in Italia è quella relativa alla deprivazione alimentare materiale, definita da Eurostat come l’impossibilità, per ragioni economiche, di fare un pasto completo, con pollo, carne, pesce o equivalente vegetariano, almeno una volta ogni due giorni - si legge nel rapporto di ActionAid, intitolato Frammenti da ricomporre. Numeri, strategie e approcci in cerca di una politica -. Tale condizione, nel 2021, riguardava il 7,9% della popolazione residente in Italia, ovvero 4,6 milioni di persone. Oltre a ciò, sempre nel 2021, secondo l’indicatore di deprivazione alimentare sociale, il 6,5% della popolazione con oltre 15 anni di età residente in Italia, corrispondente all’incirca a 3,3 milioni di persone, viveva l’impossibilità di riunirsi con amici o parenti per mangiare o bere qualcosa almeno una volta al mese”. Ed è a partire da questi due segnali che si è arrivati alla stima statistica sulla deprivazione alimentare materiale o sociale che in Italia coinvolge complessivamente 6 milioni di persone.

Quelli con il piatto vuoto - La deprivazione alimentare materiale o sociale si fa sentire di più tra i disoccupati (28,3%), le persone inabili al lavoro (22,3%), chi ha studiato al massimo fino alle medie (17,4%), i giovani adulti tra i 19 e i 35 anni (12,3%), la fascia tra i 50 e i 64 anni di età (12,7%), gli stranieri (23,1%), quelli che pagano un affitto (22,6%) e le persone che vivono nelle aree metropolitane (13,3%). Soffrono anche genitori single (16,7%) e le famiglie numerose (16,4%). Ma l’incrocio dei numeri rivela anche che 6 persone su 10 tra quelle che si trovano in condizione di deprivazione alimentare materiale o sociale non rientrano nella quota di popolazione (11,8 milioni nel 2021) definite a rischio povertà, poiché hanno redditi superiori al 60% della mediana nazionale.

La mappa della sofferenza - Rispetto alle macroaree geografiche, la quota di persone in condizione di deprivazione alimentare materiale o sociale è maggiore al Sud (20,7%) e nelle Isole (14,2%), dove in totale riguarda 3,1 milioni di persone, mentre si registra al Nord Est l’incidenza più bassa, pari al 5,8%. Ma esistono altre informazioni utili alla mappatura del disagio alimentare: secondo il ministero delle Politiche Sociali e del Lavoro, infatti, il numero di chi riceve aiuti Fead (Fondo di aiuti europei agli indigenti) sotto forma di generi di prima necessità è cresciuto notevolmente negli ultimi anni passando dai 2,1 milioni nel 2019 a quasi 3 milioni nel 2021, e registrando un lieve calo nel 2022, per un totale di oltre 2,8 milioni di persone. Gli incrementi più significativi hanno riguardato la Sicilia (+172,5 mila), la Lombardia (+155 mila) e la Campania (+ 98 mila). Milano è la seconda città metropolitana dopo Napoli per numero beneficiari (215mila) ma è quella che ha registrato l’aumento più consistente rispetto a tutte le altre città d’Italia (+115mila) con un’incidenza del 6,7% rispetto alla popolazione residente. “Un dato che può essere interpretato come un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita di soggetti già in situazione di forte vulnerabilità”, si legge nel rapporto di ActionAid.

L’anomalia dei minori - Sempre nel 2021 almeno 200 mila under 16 (2,5%) non era in grado di consumare frutta e verdura e di fare un “pasto completo” almeno una volta al giorno. E i tassi più alti si registrano nelle regioni del Nord Ovest, dove la quota raddoppia rispetto alla media nazionale, attestandosi al 5,3%, per un totale di oltre 118 mila persone. Nelle altre macroaree, l’incidenza è del 2,8% al Sud, dello 0,2% nelle Isole, dell’1% nel Nord Est e dell’1,2% nel Centro.

Le misure di contrasto alla povertà alimentare - “Focalizzandosi esclusivamente sulle determinanti economiche, il reddito, i numeri non sono capaci di cogliere tutte le dimensioni rilevanti dell’esperienza della povertà alimentare come quelle sociali, psicologiche, culturali e territoriali - osserva Roberto Sensi, responsabile del programma Povertà alimentare di ActionAid Italia -. Le politiche di contrasto appaiono frammentate, poco coordinate e definite sempre sull’onda dell’emergenza senza la capacità di esprimere una visione strategica. Nella maggior parte dei casi gli interventi si fermano alla risposta del bisogno. Seppur distribuire cibo sia importante al fine di alleviare le condizioni di indigenza delle famiglie, questa forma di aiuto non incide sulle cause del problema. A tal fine bisogna cercare di intervenire non solo sulle necessità alimentari delle persone ma sulle opportunità che il cibo può rappresentare per il loro benessere sociale, fisico e psicologico”.