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di Gennaro Grimolizzi

Il Dubbio, 6 maggio 2024

Daniela Giraudo è capodelegazione presso il Ccbe. La consigliera del Cnf ricorda la funzione sociale del difensore, quale “presidio indefettibile dello stato di diritto”. La recente iniziativa del CCBE ha un obiettivo molto preciso: porre all’attenzione dell’opinione pubblica dunque, non solo degli addetti ai lavori, ai giuristi - un tema fondamentale: il lavoro degli avvocati ha una rilevanza sociale. La difesa dei diritti si pone, soprattutto in questo periodo storico, come un baluardo della democrazia.

Ne abbiamo parlato con l’avvocata Daniela Giraudo, consigliere Cnf e capo delegazione per l’avvocatura italiana presso il Consiglio degli Ordini Forensi d’Europa. “Credo - dice al Dubbio Daniela Giraudo - sia importante che il Manifesto trasmetta chiaramente l’immagine di un’avvocatura europea unita nel considerare il ruolo fondamentale della giustizia e dello Stato di diritto e, nondimeno, abbia fatto compiutamente propria quella posizione per cui il difensore non è caratterizzato da riflessi solo privati e personali, ma da una funzione sociale che lo pone quale primo ed indefettibile presidio di giustizia. Proveniamo da Paesi diversi, sistemi giuridici diversi, storie diverse e lingue diverse, ma siamo avvocati e vogliamo rammentare a tutti che i nostri principi sono e restano incrollabilmente gli stessi, speriamo quindi che siano condivisi e soprattutto ascoltati per le tante sfide, anche inedite, che questa Europa dovrà affrontare”.

Avvocata Giraudo, il CCBE in occasione delle elezioni europee ha preparato un Manifesto per promuovere un sistema giudiziario equo in una Europa giusta. Una iniziativa che intende dare una scossa alla politica?

Un’iniziativa che ho condiviso totalmente. Viviamo un’epoca di grandi chiaroscuri, di inenarrabili discrasie. Abbiamo avuto progressi scientifici eccezionali che potrebbero davvero migliorare il benessere su scala importante ma proseguiamo a doverci confrontare con dinamiche antiche, di guerra, discriminazione, gravi ingiustizie sociali. L’avvocatura, intesa come funzione di chi difende i diritti della persona e lo Stato di diritto, è stata da sempre protagonista in ogni epoca storica, pensiamo a Cicerone che difende le province siciliane dalle ruberie di Verre, pensiamo al Mahatma Gandhi, forse non tutti sanno che era un avvocato, per citare solo due esempi lontani nel tempo e geograficamente. L’avvocatura quindi deve continuare a vivere da protagonista e a tutelare con la sensibilità unica che la contraddistingue ogni cambiamento. Quindi che si unisca in una voce unica per ricordare a tutti coloro che competeranno nelle ormai prossime elezioni europee l’importanza di alcuni caposaldi per porre un focus su questi argomenti mi è parsa davvero una iniziativa importante per fare un robusto richiamo alla politica.

Un’Europa giusta con sempre maggiore rilievo e dignità per gli avvocati?

Non per gli avvocati, per la giustizia. Gli avvocati, i magistrati, ma anche i funzionari dell’amministrazione giudiziaria che svolgono un importante e indispensabile lavoro di backstage, gli ufficiali giudiziari, siamo tutti ingranaggi indispensabili per lo Stato di diritto, per un’adeguata amministrazione della giustizia. Senza giustizia non esiste democrazia, non esiste Stato di diritto. Senza un’avvocatura libera e indipendente non esiste un processo equo e dunque non esiste giustizia.

Il Parlamento europeo non può non tenere conto del buon funzionamento della giustizia che implica positive ricadute anche in altri ambiti. Cosa ne pensa?

Assolutamente sì, è una funzione essenziale perché ha ricadute quotidiane nella vita dei cittadini europei. Come persone, come famiglie, come settore produttivo. L’esistenza di un settore giustizia efficiente e performante è ritenuto da tutti uno degli snodi chiave per misurare l’efficienza di un Paese, lo abbiamo visto anche recentemente con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma per far funzionare in modo efficiente il settore occorre avere chiaro il concetto che è indispensabile investire: nelle persone e nella loro formazione, nell’edilizia - che siano tribunali o penitenziari. Giusto quindi ricordarlo sottolineandolo con vigore come è stato fatto nel Manifesto che lo pone in evidenza chiaramente chiedendo la previsione di risorse adeguate per il buon funzionamento del sistema giudiziario e del sistema di assistenza legale, oltre ad una formazione completa per gli operatori del diritto.

Secondo lei, in riferimento anche al particolare periodo storico che stiamo vivendo, si discute abbastanza della piena realizzazione dello Stato di diritto?

Domanda difficile. Veniamo, come ho detto, da millenni di pensiero filosofico e parrebbe che non ci sia più niente da indagare o dissertare ma solo da farne tesoro. Nei secoli siamo stati testimoni di tutte le forme di gestione dello Stato, anche le più distanti dalla democrazia: monarchie, dittature, rivoluzioni accompagnate da un’amministrazione della giustizia non particolarmente rispettosa del diritto di difesa. Si assiste però, quotidianamente, a pericolosi scivolamenti anche agevolati da nuove tecnologie rispetto alle quali puntiamo l’indice sui giovani quando, in realtà, i primi a doversi fare un esame di coscienza sarebbero proprio coloro i quali dovrebbero dare l’esempio. E a questo punto si impone un’altra riflessione.

Dica pure...

I tempi ormai frenetici e senza filtri con cui un pensiero, positivo o negativo che sia, oggi può essere veicolato, hanno, a mio parere, fatto perdere di vista la capacità di riflettere, anche sulle conseguenze che tali iniziative comportano e che possono comportare anche sui diritti e sulla giustizia, spesso divenendo pericolose generalizzazioni di casi particolari o peggio, banalizzazioni estreme. Se lo Stato di diritto deve essere inteso come quello che salvaguarda il rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini, in astratto, credo che esistano situazioni, a livello mondiale, in cui proseguono a verificarsi quotidianamente molte e gravissime violazioni di diritti fondamentali ad oggi irrisolte, ma anche nei Paesi in cui questo non accade esiste una quotidianità che porta alla amara riflessione che nulla è mai definitivamente raggiunto, pacificamente acquisito. La sensazione è che non se ne discuta mai abbastanza, talvolta forse rassegnati ad una certa impotenza, per questo è importante che il principio che il Manifesto pone per primo - “un’Europa che difenda lo stato di diritto, i diritti fondamentali e la democrazia, e che salvaguardi il ruolo di una professione legale indipendente nella difesa di questi valori” - venga ricordato a chi si candida per le elezioni europee. L’Europa con la sua storia può e deve essere protagonista in ogni scenario e lo deve fare ricordandosi che la nostra attuale situazione nasce da un percorso millenario di chi in questi principi ha creduto, combattuto e anche perso la vita.