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di Andrea Magagnoli

Italia Oggi, 21 ottobre 2022

La condotta di chi conduce un autoveicolo o un motoveicolo nonostante la precedente revoca della patente di guida a seguito dell’applicazione di una misura di prevenzione personale, è passibile di una sanzione di carattere penale.

Lo afferma la Corte costituzionale con la sentenza n. 211/2022 emessa il giorno 12 settembre 2022 e depositata il giorno 17 ottobre 2022. Il caso di specie trae origine dall’ordinanza di rimessione degli atti alla Consulta emanata da parte dei giudici della sesta sezione penale della Corte di cassazione. Ad avviso dei giudici remittenti l’art. 73 del dlgs 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) che prevede la sanzione dell’arresto da sei mesi a tre anni per coloro che, nonostante la revoca della patente di guida conseguente all’applicazione di una misura di prevenzione personale siano colti nell’atto di condurre un autoveicolo od un motoveicolo presenterebbe evidenti aspetti d’incostituzionalità.

Ad avviso dei giudici remittenti la presenza di una sanzione penale in tali casi violerebbe in particolare gli articoli 27, comma 3 e 3 della Costituzione. Ad essere lesi sarebbero il principio del finalismo rieducativo della pena e della parità di trattamento delle situazioni identiche. In particolare la lesione del secondo di tali principi si evidenzia chiaramente con un raffronto con l’art. 115, comma 15 del Codice della strada che punisce la condotta di conduce un veicolo privo di patente di guida ma senza essere stato fatto oggetto di una precedente misura di prevenzione di carattere personale con una semplice sanzione di carattere amministrativo. Di ben diverso avviso sono invece i giudici della Consulta che ritengono la norma oggetto del giudizio conforme al dettato costituzionale. Osservano infatti nella motivazione della sentenza in commento, come la sanzione penale prevista possa ritenersi in ogni caso giustificata dall’ evidente gravità della condotta prevista dall’art. 73 del dlgs n.159 del 2011, realizzata da un soggetto connotato da un evidente pericolosità sociale che già in precedenza aveva portato all’ applicazione di una misura comunque sanzionatoria e che nonostante ciò abbia nuovamente violato la legge conducendo un veicolo in assenza di un titolo idoneo a consentirlo. Parimenti infondata viene ritenuta la presunta violazione del principio di uguaglianza, infatti anche se è pur vero che il Codice della strada, osservano i giudici della Consulta, sanziona coloro che conducono un veicolo privi di patente con una misura di diverso e minore carattere afflittivo, tale difformità di trattamento può ritenersi comunque giustificata sulla base del diverso e superiore disvalore espresso dalla condotta di chi sia pure realizzando un comportamento del tutto identico, sia già stato fatto oggetto di un giudizio di riprovazione che aveva portato all’ applicazione di una misura di prevenzione di carattere personale.