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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 31 agosto 2023

Sul tavolo ci sono quattro proposte di legge. L’idea sulla commistione può sparigliare le carte. L’estate volge al termine e, puntuale, riparte il dibattito sulla riforma della giustizia. Una riforma quanto mai attesa e di cui si discute ormai da almeno trent’anni. In una intervista della scorsa settimana, la premier Giorgia Meloni ha affermato di considerare l’intervento sulla giustizia, al pari di quello costituzionale sul premierato, ‘prioritario’ per il Paese. Il problema è capire come e quando, visti i precedenti, tale intervento avverrà. Sul fronte dei lavori parlamentari, mercoledì prossimo, è in calendario la discussione sulla separazione delle carriere fra pm e giudici in Commissione affari costituzionali alla Camera. Un tema da sempre incandescente. Sul tavolo ci sono quattro proposte di legge presentate da Forza Italia, Lega, Azione e Italia viva. Nazario Pagano, il presidente forzista della Commissione, ha deciso - dopo mesi di stallo - di imprimere una accelerazione ai lavori e punta ad arrivare in aula prima della fine dell’anno. A luglio Enrico Costa e Roberto Giachetti, deputati di Azione e Italia viva, avevano inviato una nota proprio a Pagano chiedendogli di reinserire nell’ordine del giorno le proposte di legge in materia di separazione delle carriere della magistratura. “Su questi provvedimenti - avevano sottolineato i due deputati - sono state effettuate cinque audizioni, l’ultima a fine marzo. Poi il tema è uscito dal calendario dei lavori della Commissione, in coincidenza con l’annuncio del ministro Nordio di presentare un disegno di legge governativo in materia entro il 2023”. “Attualmente non abbiamo calendarizzato la proposta della separazione delle carriere”, aveva però affermato il Guardasigilli, precisando che trattandosi comunque di una riforma costituzionale doveva essere collegata ad altri tipi di riforme che dipendono anche da “considerazioni di ordine politico”.

Un problema che non ci sarebbe, invece, per il vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto (FI). “La separazione delle carriere in magistratura trova fondatezza nella Costituzione. Quest’ultima, infatti, all’articolo 104, sancisce che la magistratura è un ordine autonomo e indipendente. L’articolo 111, però, chiarisce che soltanto il giudice è terzo e imparziale. Ovviamente, autonomia e indipendenza sono principi ‘sacri’ e intoccabili per tutti i magistrati, pm compresi”, aveva precisato Sisto, ricordando che non è stata mai in discussione l’obbligatorietà dell’azione penale, anch’essa prevista dalla Costituzione.

In attesa di capire come si evolverà il dibattito parlamentare, non poteva mancare allora l’intervento a gamba tesa della magistratura associata. Il 9 settembre è prevista la riunione dell’Associazione nazionale magistrati a Roma e le toghe di Magistratura democratica (il gruppo di sinistra) spingono per far mettere all’ordine del giorno il tema della separazione delle carriere, avendo già dichiarato la propria contrarietà, senza se e senza ma, a qualsiasi riforma in tal senso. Prima dell’estate il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, esponente della sinistra giudiziaria, in vari interventi non aveva perso occasione per esternare tutta la sua contrarietà alla possibilità che pm e giudici avessero in futuro percorsi professionali diversi. “La separazione delle carriere è una riforma che apre ad altre, perché dalla separazione dovrebbe poi seguire la discrezionalità dell’azione penale: un pm separato dalla giurisdizione e quindi fuori da quei meccanismi di compensazione e di controllo che prevede la Costituzione, lo lasceremo da solo o ci sarà qualcun altro che ambirà al controllo sull’azione penale? E quello non potrà che essere il controllo politico”, aveva ricordato Santalucia. Per dar forza al ‘Santalucia pensiero’ era stato anche preparato un appello a Nordio, sottoscritto da circa 500 magistrati in pensione. “Siamo magistrati in pensione civilisti e penalisti, giudici e pubblici ministeri, che sentono il bisogno di intervenire contro l’annunciata riforma della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri”, avevano esordito le ex toghe, ipotizzando scenari sudamericani in caso la riforma passasse.

Va ricordato, però, che il governo non ha presentato un proprio testo. “Sulla separazione delle carriere si parla astrattamente, non c’è un testo del governo, non abbiamo capito chi lo sta scrivendo o chi dovrebbe scriverlo. Per questo richiamiamo la centralità dell’iniziativa parlamentare”, aveva fatto sapere il presidente dell’Unione camere penali italiane, l’avvocato Gian Domenico Caiazza. Nel 2017 le Camere penali si erano fatte promotrici a loro volta di una raccolta di firme per una riforma d’iniziativa popolare sulla separazione delle carriere fra pm e giudici. Pur a fronte del successo avuto, circa 700mila le firme raccolte, l’iniziativa dei penalisti non ebbe però alcun seguito.

La separazione delle carriere “è la riforma sempre voluta da Berlusconi”, ha ricordato Paolo Barelli, presidente dei deputati di Forza Italia. “Sapete qual è la vera separazione delle carriere che voglio? Quella tra magistrati bravi che devono andare avanti e che meritano rispettano e magistrati ideologici che non possono fare danni al nostro Paese”, era stato invece il commento di Matteo Renzi, leader di Italia viva. Una proposta che potrebbe sparigliare le carte è quella del laico del Csm Ernesto Carbone: no separazione ma ‘commistione’. In pratica, dopo un periodo il pm dovrebbe passare a fare il giudice e viceversa. Anzi, prima di fare il pm bisognerebbe obbligatoriamente aver esercitato funzioni giudicanti, ad esempio il gip.