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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 23 luglio 2023

Il sequestro di uno smartphone non è un sequestro come tanti altri essendo, di fatto, equiparabile ad una “intercettazione” telefonica. All’interno dello smartphone, infatti, sono normalmente contenute le chat attraverso i vari social che consentono di ricostruire, anche a distanza di tempo, le conversazioni intercorse fra il possessore dell’apparato e altri soggetti.

Per colmare questa lacuna, la leghista Giulia Bongiorno, presidente della Commissione giustizia del Senato, ed il senatore forzista Pierantonio Zanettin, hanno presentato un disegno di legge che interviene sulla disciplina del sequestro di tali apparati, introducendo l’articolo 254 ter del codice di procedura penale (sequestro di dispositivi e sistemi informatici, smartphone e memorie digitali).

Il sequestro degli smartphone, contenendo dati altamente sensibili, “dovrebbe essere circondato da garanzie al pari delle intercettazioni e la selezione dei loro contenuti dovrebbe essere assistita da un contraddittorio tra le parti per decidere cosa sia rilevante a fini processuali, anche in relazione alla conservazione dei dati nell’archivio digitale delle intercettazioni”, affermano Bongiorno e Zanettin. La Cassazione, con la sentenza numero 17604 del 2023, ha stabilito riguardo al sequestro di tali dispositivi la illegittimità, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, in caso di mancata indicazione “di specifiche ragioni a un’indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute”.

L’autorità giudiziaria, con la nuova disposizione, deve indicare le ragioni che rendono necessario il sequestro “in relazione al nesso di pertinenza fra il bene appreso e l’oggetto delle indagini”, specificando le operazioni tecniche da svolgere sullo smartphone e i criteri che verranno utilizzati per selezionare, nel rispetto del principio di proporzione, i soli dati effettivamente necessari per il prosieguo delle indagini. Se vi è il sospetto che il contenuto dei dispositivi possa essere cancellato, alterato o modificato, l’autorità giudiziaria deve impartire le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedirne a chiunque l’analisi e l’esame sino all’espletamento, in contraddittorio con gli interessati, delle operazioni di selezione dei dati.

Si procede, quindi, con la duplicazione integrale dei dispositivi su supporti informatici mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all’originale e la sua immodificabilità. Entro cinque giorni dal sequestro, il pubblico ministero deve avvisare la persona sottoposta alle indagini, la persona alla quale la cosa è stata sequestrata, la persona alla quale la cosa dovrebbe essere restituita e la persona offesa dal reato e i relativi difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissato per l’affidamento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici. Sulle eventuali questioni concernenti il rispetto dei principi di necessità e di proporzione nella selezione dei dati, il pubblico ministero decide entro 48 ore con decreto motivato. Entro le 48 ore successive, il giudice per le indagini preliminari, con decreto motivato, convalida in tutto o in parte il provvedimento del pubblico ministero, eventualmente limitandone gli effetti solo ad alcuni dei dati selezionati, ovvero dispone la restituzione del dispositivo e della eventuale copia informatica nel frattempo realizzata.