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di Dacia Maraini

La Stampa, 22 ottobre 2023

La morte di Sergio Staino mi addolora molto, primo perché con lui se ne va un grande vignettista, un critico attento e acuto della realtà italiana e secondo perché perdo un amico affettuoso e gentile. Il suo Bobo ha accompagnato l’immaginazione di molti italiani, soprattutto quelli di sinistra. Lui si dichiarava marxista, ma è sempre stato critico verso gli eccessi e le debolezze della sinistra. Le sue vignette sull’Unità e su Tango, che sono impresse nella mia memoria e certamente anche in quella collettiva, sono una dimostrazione perfetta di questa sua libertà. Una libertà che mi ricorda Pier Paolo Pasolini: come lui, Staino aveva una personalità anarchica, e non credeva nella fedeltà al partito, non issava bandiere o inseguiva parole d’ordine. Era un battitore libero e per questo molto spesso si è fatto nemici tanto a destra quanto a sinistra: anche questo condivideva con Pasolini. E poi aveva un cuore schivo e generoso. Se vedeva un amico in difficoltà, si rendeva disponibile.

Ogni tanto mi mandava dei disegni, con una figuretta femminile che trovavo deliziosa, aveva il naso pronunciato, lungo, all’insù. Mi divertiva perché era un po’ pinocchiesca, ma non diceva bugie: quel naso lungo le serviva per annusare l’aria intorno. Questo ha sempre raccontato Sergio Staino: l’aria che tirava nel nostro Paese. L’anno scorso avremmo dovuto fare un incontro insieme, un dialogo pubblico in Toscana, ma è saltato perché non si sentiva bene. Un’altra volta è saltato perché io ero in viaggio Mi ha detto spesso, negli ultimi mesi, durante le telefonate che ci facevamo, che dovevamo assolutamente recuperare quell’appuntamento. Non ci siamo riusciti, mi dispiace tanto. Non scorderò il suo affetto, il suo sorriso e il suo senso dell’ironia.