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di Francesca Visentin

Corriere dell’Alto Adige, 16 ottobre 2024

Una mostra e conferenze con donne icone di impegno nel mondo, come Narges Mohammadi. Da Narges Mohammadi, Premio Nobel per la Pace 2023, attivista iraniana in carcere per la lotta in difesa dei diritti umani, alle palestinesi Sumaya Farhat Naser e Hiyam Marzouqa-Awad, Bolzano si prepara ad accogliere voci di libertà, contro guerra, oppressione, diritti violati. Il Centro per la Pace di Bolzano ha organizzato fino a domenica una settimana di sensibilizzazione alla pace, insieme all’istituto “De pace fidei”. Domani al centro Pastorale di piazza Duomo (ore 18) arrivano le attiviste palestinesi, la scrittrice Sumaya Farhat Naser e la medica Hiyam Marzouqa-Awad, a lungo primaria del Caritas Baby Hospital, che oltre alla conferenza, incontreranno gli studenti e le studentesse delle scuole.

Sumaya Farhat-Naser ha co-fondato organizzazioni come Women Waging Peace eil Global Fund for Women .Èconosciuta in tutto il mondo per l’impegno per i diritti umani e la lotta per pace e giustizia in Medio Oriente. Hiyam Marzouqa è stata a lungo primaria del Caritas Baby Hospital, dove ha lavorato fino all’agosto 2024. Sotto la sua guida, il Caritas Baby Hospital è diventato un’importante risorsa nel Medio Oriente, offrendo assistenza medica a tutti i bambini e ragazzi fino ai 18 anni. Sempre nell’ambito della settimana per la pace, viene inaugurata nel Foyer del Comune di Bolzano, lunedì 21 (ore 18), la mostra fotografica La Rosa e l’Usignolo. Il canto della libertà... Zan, Zendegi, Azadi, di Carmine Sanchirico, dedicata al popolo iraniano. A ogni foto è associata una poesia, scelta tra quelle dei più grandi poeti della letteratura classica e contemporanea dell’Iran.

Grande attesa per il momento clou della settimana per la pace: il 24 ottobre nella Sala di Rappresentanza del Comune di Bolzano (ore 18), l’incontro con Ali e Kiana Rahmani, figli della Premio Nobel per la Pace 2023, Narges Mohammadi, attivista iraniana in carcere per la lotta in difesa dei diritti umani e delle donne. Ali e Kiana Rahmani portano a Bolzano la voce e l’impegno della loro madre, che anche dal carcere e nonostante le torture, continua a lottare per i diritti. Narges Mohammadi è la vicepresidente del Defenders of Human Rights Center, guidato da Shirin Ebadi. È prigioniera nel carcere di massima sicurezza di Evin, noto nel mondo per la violazione dei diritti umani, pestaggi, molestie sessuali, rifiuto di cure mediche e torture. Mohammadi è stata condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate. Il 6 ottobre 2023 ha vinto il Premio Nobel per la pace “per la sua battaglia contro l’oppressione delle donne in Iran e per promuovere diritti umani e libertà”. Narges Mohammadi dal carcere ha fatto sapere: “Non ho perso speranza e motivazione. Credo profondamente che gli sforzi instancabili di attiviste e attivisti alla fine daranno i loro frutti. I pensieri e i sogni non muoiono. La fede nella libertà e nella giustizia non muore con il carcere, la tortura o la morte. E la tirannia non prevale sulla libertà”.

Narges Mohammadi non piega la testa. “Il duro trattamento e la condanna che ho subito non sono dovuti a attività terroristica - continua a ribadire con forza - , ma come ammesso dai giudici, sono per la mia battaglia per i diritti. Nella mia patria sono condannata e imprigionata perché difendo i diritti, sono femminista e mi oppongo alla pena di morte. Ma la detenzione e la condanna non solo non mi hanno fatto provare rimpianto, ma anzi hanno rafforzato più che mai il mio impegno nella difesa dei diritti umani. Quando una donna come me si oppone alle norme tiranniche, subisce il carcere e la separazione dai figli, come azioni intimidatorie per le altre donne. Questa tirannia utilizza ogni possibile leva per istituzionalizzare la discriminazione sulla base del genere, della sessualità, della religione, dell’etnia e dell’orientamento ideologico, in particolare contro le donne”.