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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 7 dicembre 2023

La norma transitoria che estende la novella ai processi pendenti in Cassazione alla data di entrata in vigore non va limitata al rigetto. L’applicazione retroattiva del nuovo regime delle pene sostitutive non è preclusa se il giudizio, pendente in Cassazione alla data di entrata in vigore della riforma Cartabia, si è concluso con l’inammissibilità del ricorso. Quindi, va riconosciuta la possibilità di domandarne l’applicazione al pari del caso in cui il ricorso sia stato rigettato. Non è, invece, ammessa la domanda al giudice dell’esecuzione per ottenere la sostituzione della pena detentiva se questa è frutto dell’accordo stabilito dalle parti col patteggiamento.

La Cassazione penale con la prima sentenza, la n. 48579/2023, ha chiarito i principi in base ai quali non è possibile escludere dalla richiesta di sostituzione della pena chi si sia visto dichiarare il ricorso per cassazione inammissibile, pur sussistendo il dato temporale fissato dalla norma transitoria della Riforma. Infatti, trattandosi di norma sopravvenuta di fatto “sostanziale” in quanto relativa al percorso afflittivo dello sconto della pena, va seguito il principio del favor rei: cioè un’interpretazione che renda fruibile il beneficio. Per cui secondo la Cassazione vanno equiparati i casi dell’inammissibilità e del rigetto del ricorso. Quindi la previsione transitoria della riforma che ne consente l’applicazione ai giudizi pendenti in Cassazione alla data del 30 dicembre 2022 va estesa anche al caso del ricorso dichiarato inammissibile.

Il punto da chiarire sta nel fatto che in caso inammissibilità del ricorso per cassazione, di fatto il rapporto processuale non si instaura e quindi, parte dei giudici ritengono che ciò escluda la pendenza del procedimento di legittimità, che nella norma transitoria della riforma è il presupposto previsto per l’applicazione retroattiva del nuovo regime delle pene sostitutive anche ai processi instauratisi prima del 30 dicembre 2022. In effetti, dice la sentenza, la norma transitoria retroattiva richiede esplicitamente solo che il procedimento sia pendente alla tale data e non fa differenze in base alla sorte dei ricorsi di legittimità.

Con la seconda sentenza, la n. 48554/2023, la Cassazione spiega invece, come non sia possibile chiedere la sostituzione della pena patteggiata. La decisione mette al centro l’accordo tra le parti in sede di patteggiamento per poi affermare che anche prima dell’entrata in vigore l’imputato e il pubblico ministro potevano optare per tale alternatività in quanto si tratta di trattamenti sanzionatori già presenti nell’ordinamento in base alla legge 689/1981 al momento dell’entrata in vigore. Da cui l’intoccabilità dell’accordo in base alla recente norma transitoria sui procedimenti in corso che va interpretata come riferita al solo processo ordinario.