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di Francesco Patanè

La Repubblica, 4 giugno 2023

L’ex capo del Dap stigmatizza l’assenza di comunicazioni. “Già dopo quindici giorni tutti vanno informati se un detenuto rifiuta di alimentarsi, a cominciare dal provveditore della Sicilia”. “Il diritto alla salute dei detenuti nelle carceri siciliane è molto limitato. Le patologie psichiatriche e i disturbi psicologici non vengono curati come la costituzione impone”. Ad un mese dal suo insediamento il garante siciliano per la tutela dei diritti dei detenuti Santi Consolo ha già messo in fila le priorità del suo mandato. A cominciare da Augusta.

Cosa ha trovato in quel carcere?

“Augusta da sempre è uno dei più difficili istituti di pena in Sicilia. In passato molte criticità sono state smussate dalla gestione illuminata dei direttori. Ma non sempre basta. Le due morti sono conseguenza anche di questi limiti. Uno sciopero della fame è una protesta pacifica. È chiaro che non è stata ascoltata”.

C’è il sospetto che le comunicazioni all’esterno siano state fatte in ritardo. Che idea s’è fatto?

“Lo sciopero della fame durava da lungo tempo. Ci sono punti su cui è doveroso che la magistratura indaghi e che non si possono rivelare. Posso dire che si tratta di due situazioni molto diverse: il detenuto russo arrivava dalla Calabria e voleva scontare la sua pena in patria, quello italiano era lì invece da molto tempo e la sua situazione era molto più grave”.

Dal punto di vista clinico?

“Era da tanto che l’italiano rifiutava il cibo, per lui i medici avevano chiesto il trasferimento nel centro di salute mentale di Barcellona Pozzo di Gotto, ma non c’erano posti disponibili. Il diritto alla salute e alla vita dei detenuti passa anche da questi aspetti: in Sicilia servono nuove strutture dove i detenuti possano essere assistiti da personale qualificato in patologie psichiatriche e disturbi psicologici”.

Rimane l’evidenza che solo dopo la loro morte si è saputo il dramma che hanno vissuto...

“Poco prima di morire per uno dei due è stato disposto il ricovero al pronto soccorso. Gli hanno dato un codice verde ed è tornato in carcere. La questione è rimasta silente. In teoria già dopo 15 giorni tutti vanno informati se un detenuto rifiuta di alimentarsi, a cominciare dal provveditore della Sicilia”.

Come si esce da questa situazione?

“Intanto cominciamo a nominare i garanti comunali per i diritti dei detenuti, uno per ogni città o paese che ospita un istituto di pena. Ad oggi ce ne sono solo due, a Palermo e Siracusa”.

Dopo Augusta ha visitato anche l’istituto penale per minorenni di Palermo.

“Al Malaspina la situazione più grave è la commistione nella stessa struttura di ragazzi minorenni dai 14 ai 18 anni con quelli che il legislatore chiama “i giovani adulti”, ovvero i maggiorenni sotto i 25 anni che continuano a scontare la pena negli istituti per minorenni. Lo prevede la riforma ed è profondamente sbagliata. Senza contare che viola la convenzione Onu del 1990 che vieta la condivisione del carcere fra minorenni e maggiorenni”.