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di Riccardo Lo Verso

livesicilia.it, 26 giugno 2024

Sovraffollamento, afa, difficoltà ad accedere all’assistenza sanitaria e, come ogni estate, anche penuria d’acqua. I detenuti soffrono nelle carceri siciliane. E soffrono pure gli agenti della polizia penitenziaria, impegnati a prevenire i suicidi e ad evitare che esploda la rabbia. Si è smarrita la finalità rieducativa costituzionalmente prevista. Gli istituti penitenziari diventano solo luoghi di punizione. Le parole di Santi Consolo, in passato alla guida del Dap e oggi garante siciliano dei detenuti, tradiscono amarezza e disagio. Il suo ruolo può servire da stimolo, ma si scontra con la triste realtà.

“Appena arrivato ho fatto delle proposte migliorative per molti istituti, anche per l’Ucciardone di Palermo: volevo riattivare i progetti fermi - spiega -. Penso, tra gli altri, all’area agricola, di circa un ettaro, o al settore tessile. Quasi nulla è stato fatto, pur avendo offerto una parte delle somme a mia disposizione. È stata migliorata solo l’area adibita a teatro”.

Il disagio cresce, in Sicilia come nelle altre regioni d’Italia. “Credo che sia abbia in genere scarsa considerazione per il ruolo dei garanti. Non abbiamo alcun potere, possiamo soltanto evidenziare quelle che sono le carenze e suggerire correttivi”, aggiunge Consolo. Così non va. Dal carcere non si esce uomini e donne migliori. “Questo è il profilo più drammatico - racconta Consolo -. Le aspirazioni dei detenuti vengono quasi sempre disattese. In tanti vogliono svolgere attività lavorative, anche a titolo gratuito e su base volontaria, nei lavori di pubblica utilità per la collettività”.

Il dato è impietoso. In Sicilia ci sono oltre 6.600 detenuti, un migliaio in più della capienza massima. Gli stranieri sono il 14%, circa la metà della media nazionale. Più di 1000 hanno fatto richiesta per partecipare ad attività di formazione. Poche decine le domande accolte.

Non si impara un mestiere, non ci si mette al servizio della collettività. I lavori di pubblica utilità sono a titolo gratuito. Secondo il garante, andrebbe comunque riconosciuta una minima gratificazione. Da un censimento è emerso che quasi tutti i detenuti vorrebbero lavorare. Consolo ha stanziano più 50 di mila euro dei pochi fondi a disposizione per un rimborso di cinque euro all’ora: “Non riesco a spenderli, in Sicilia ci sono appena 35 detenuti che svolgono lavoro di pubblica utilità”, dice. Colpa di una burocrazia troppo lenta. A Roma, ad esempio, in passato i detenuti hanno contribuito alla cura del verde. I lavori più frequenti ormai rimangono quelli che si svolgono all’interno del carcere: cuoco, spesino, vivandiere o addetto alle pulizie.