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di Alessia Candito

La Repubblica, 24 aprile 2024

La Conferenza nazionale dei Garanti sottolinea il fabbisogno di psicologi, psichiatri e pedagogisti. L’ispezione al Malaspina del senatore dem Nicita: “Assistenti sociali disponibili solo tre ore al giorno”. Tre morti da gennaio a oggi. Otto in tutto il 2023, fra cui due persone che si sono uccise digiunando per mesi senza che nessuno intervenisse, più tre che da malate si sono spente in cella. La Sicilia non sfugge all’ecatombe registrata dall’associazione Antigone nelle carceri italiane. “Se questo trend dovesse proseguire - lancia l’allarme il Garante cittadino per le persone private della libertà personale, Pino Apprendi - c’è il rischio non solo che si raggiungano i numeri dell’anno scorso, ma che si superino anche quelli del 2022”. Un anno record, con 85 persone che si sono tolte la vita in un istituto di pena. Alla base, le ferite ormai incancrenite del sistema carcere in Italia, che in Sicilia hanno riproduzione fedele.

Quasi 6.900 detenuti su una capienza reale di 6.500 persone, un tasso di affollamento pari al 106 per cento, strutture o singole sezioni spesso fatiscenti. E ovunque, servizi, operatori, psicologi, educatori mediatori linguistici e culturali in numero assolutamente insufficiente. “La maggior parte dei suicidi che registriamo - spiega Apprendi - è fra i cosiddetti “nuovi giunti”, chi è appena stato privato della libertà o fra chi è prossimo alla scarcerazione e non ha una casa, non ha alcuna prospettiva di lavoro o di reinserimento”. Se per Costituzione il carcere in Italia ha funzione rieducativa, nella realtà concreta spesso non è altro che “tempo vuoto”.

Privi di punti di riferimento, di una casa, un reddito o anche solo la possibilità di averne uno a breve termine, molti detenuti si sentono di fronte a un salto nel vuoto e fin troppi si tolgono la vita perché temono di non avere forza e mezzi per affrontarlo. “Al Comune di Palermo - annuncia Apprendi - abbiamo proposto di adottare la soluzione che si sta sperimentando in Campania: strutture - case famiglia, ostelli, comunità - che ricevano un sostegno di 30 euro al giorno per fornire vitto e alloggio agli ex detenuti che stiano provando a reinserirsi nella società”. Un percorso che in realtà dovrebbe iniziare già all’interno delle carceri o negli ultimi anni di detenzione attraverso il ricorso a misure alternative, ma che spesso rimane nel campo dei buoni propositi. Uomini e mezzi non ci sono.

“È necessario riempire di senso il tempo della detenzione, offrendo più attività (culturali, lavorative, sportive e ricreative). Le relazioni familiari e col volontariato devono essere potenziate anche con l’aumento dei colloqui, delle telefonate, delle videochiamate”, tuona la conferenza nazionale dei Garanti, che sottolinea anche “l’assoluta necessità di personale specializzato (psicologi, educatori, psichiatri pedagogisti, assistenti sociali, mediatori) che dia ascolto ai detenuti per cogliere le ragioni della sofferenza”.

Esigenze ed emergenze che riguardano anche i minorili, a partire dal Malaspina di Palermo, dove l’anno scorso è scattato l’allarme per il numero di tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo registrati. Eppure per i 26 ragazzini che si trovano lì, “le assistenti sociali - denuncia il senatore dem Antonio Nicita che lunedì ha effettuato un’ispezione - sono disponibili solo tre ore al giorno”. A mancare, spiega il parlamentare, è una pianificazione a lungo termine delle attività di recupero, i progetti - dice - appaiono parcellizzati, il personale insufficiente. E si registra una divisione anche fisica fra italiani e stranieri. “Con numeri così piccoli sarebbe doveroso lavorare all’integrazione”. “È per evitare problemi”, avrebbero spiegato dalla struttura. Che dovrebbe essere ponte verso una vita diversa, ma alza muri.