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di Salvatore Cannata

L’Identità, 27 dicembre 2023

Anche in Sicilia i detenuti soffrono e la situazione è spesso “complicata”, anche se questa parola ormai non rende l’idea della reale situazione all’interno delle carceri. Un “piccolo mondo” avvolto dall’indifferenza. Sentito da L’ldentità Gaetano Agliozzo, segretario Fp Cgil Sicilia, spiega che attualmente nelle 23 carceri siciliane si contano oltre seimila detenuti molti dei quali psichiatrici e senza assistenza sanitaria adeguata perché le Rems, ovvero e le Residenze per l’Esecuzione delle misure di Sicurezza che hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici, sono solamente due in Sicilia: una a Caltagirone e l’altra nel Messinese.

Troppo poche e con liste d’attesa infinite. A tale deficit si aggiunge una carenza di 800 unità di polizia penitenziaria che se si somma alla mancanza di personale sanitario. Tutto questo la dice lunga sulla sicurezza all’interno delle carceri dell’isola.

Anche la Federazione sindacati autonomi di polizia penitenziaria chiede nuovo personale. “La Sicilia - afferma Maurizio Mezzatesta, segretario Fsa Cnpp - risulta la regione con il personale più vecchio anagraficamente, 50 anni di media, e ciò espone il personale a rischio di logorio fisico e altissimo stress operativo, oltre alle lunghe convalescenze a seguito delle aggressioni fisiche da parte di detenuti non interessati al trattamento penitenziario. La regione con il tasso più alto di criminalità organizzata risulta priva di direttori nelle carceri di difficilissime gestioni, tra cui Trapani, Agrigento, Favignana, Gela, Castelvetrano, Piazza Armerina, Sciacca e San Cataldo. Una situazione drammatica e gravissima esasperata dagli ormai innumerevoli e pesantissimi eventi critici.

Giorgio Bisagna, presidente regionale di Antigone, associazione che ispeziona periodicamente gli istituti penitenziari, punta il dito contro lo stato di degrado di tante strutture. “Carceri obsoleti - dice - che andrebbero sicuramente rivisiti o, meglio ancora, ricostruiti in altre zone. Basta pensare al carcere di Piazza Lanza a Catania con più di un secolo di vita dove si vive nel sovraffollamento e con carenze strutturali all’ordine del giorno. A Palermo il Pagliarelli ha un problema serio di sovraffollamento dopo la ristrutturazione dell’Ucciardone, destinato a Casa di reclusione e non più circondariale. Ad Agrigento abbiamo trovato una struttura fatiscente: molte sezioni inadeguate, quanto a cubatura per detenuto e solo una minoranza delle celle con una doccia. Ci sono poi aree totalmente inagibili e spazi aperti interdetti e non sembra che ci siano all’orizzonte interventi di ristrutturazione.

Abbiamo trovato cento detenuti in più rispetto alla capienza originaria a fronte di personale inadeguato. Situazione molto critica sul piano della salute mentale che resta un grosso nodo irrisolto delle carceri. Fino a qualche anno fa, l’assistenza era curata dal ministero della Giustizia. Ora la competenza è delle Asp. I medici inoltre non se ne occupano a tempo pieno, vanno ad esempio una volta a settimana. Ad Augusta i detenuti con problemi psichiatrici sono 120 sui 450 ospitati attualmente. E questa è la nuova emergenza”.

Ma oltre a sovraffollamento, un’altra emergenza conseguenza di esso è la scarsa condizione sanitaria. “Quando dico che la pena in diverse carceri si sconta il doppio non è una esagerazione - spiega Bisagna. “Chi sconta la pena dietro le sbarre deve fare i conti non solo con la carenza di organico e il sovraffollamento, perché si aggiunge la mancanza di sostegno mentale essendo la maggior parte dei responsabili di atti di violenza dietro le sbarre persone che da tempo manifestano un forte disagio psichico. Nelle carceri siciliane i temi della salute mentale e della giusta cura sono sottovalutati mettendo a dura prova il sistema che non è più in grado di assicurare la tutela per i lavoratori e livelli di assistenza sanitaria adeguata. Negli ultimi mesi sono aumentate le aggressioni al personale delle carceri e i suicidi di detenuti. La sanità penitenziaria necessita di grande attenzione e di decisioni e azioni da intraprendere in fretta”.

Cosa fare allora per rendere le carceri più sicure? “Innanzitutto occorre che in carcere vada chi davvero deve andare. Il sovraffollamento infatti parte da qui e le conseguenze sono il sovraccarico di lavoro per il personale e tutti i fatti tragici che spesso sentiamo nei telegiornali. A questi problemi vanno trovate soluzioni. I tanti detenuti che si avvicinano alla fine della loro pena, ad esempio, potrebbero beneficiare di misure alternative alla detenzione e crediamo sia urgente fare sforzi significativi per garantire che il loro ritorno in libertà sia un successo. Purtroppo però dobbiamo constatare la carenza di educatori che rende difficile il reinserimento in comunità”.