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di Daniela Barbaresi* e Denise Amerini**

collettiva.it, 24 novembre 2023

Il provvedimento approvato dal governo è inefficace e dannoso, perché introduce nuovi reati e inasprisce le pene. Dopo il cosiddetto decreto rave e dopo il decreto Caivano, arriva il disegno di legge sicurezza, il cosiddetto pacchetto giustizia: una serie di misure che introducono nuovi reati e inaspriscono le pene già previste nel nostro ordinamento. A conferma di quanto questo governo, tutto, compattamente, pensa in tema di giustizia e carcere, anche se qualcuno, il ministro della Giustizia, continua ad autodefinirsi un garantista.

Inasprire non serve - Si pensa di risolvere ogni problema soltanto con il diritto penale, con l’introduzione di nuovi reati, con pene sempre più severe, nonostante tutte le evidenze dimostrino che non è con l’inasprimento delle pene che si prevengono i reati. Fin dai tempi di Beccaria e di Manzoni lo sappiamo. E da allora la direzione è sempre stata tendenzialmente quella dell’umanizzazione della pena, dall’abolizione della pena di morte, dei lavori forzati, dell’introduzione delle misure alternative alla detenzione, della dichiarazione di incostituzionalità dell’ergastolo.

Inversione di marcia - Oggi, invece, siamo di fronte a una pericolosissima inversione di marcia, che non tiene minimamente conto delle evidenze, dei numeri, dei fatti, di quanto da tempo molti, giuristi, studiosi, associazioni, garanti, e la stessa nostra organizzazione, stanno chiedendo, a partire dalla depenalizzazione di alcuni reati minori e dall’ampliamento del ricorso alle misure alternative, con la piena applicazione dell’articolo 27 della Costituzione, garantendo alle persone ristrette i diritti individuali, civili, che la detenzione non può e non deve negare, come il lavoro, la salute, l’istruzione, gli affetti.

La pena nella Costituzione - La pena è la privazione della libertà e deve sempre avere il fine riconosciuto dalla Costituzione. Oggi, invece, siamo di fronte a un pacchetto di misure che, oltre a introdurre il reato di rivolta in carcere, peraltro già esistente, che non si limita a perseguire, com’è ovvio, gli atti di violenza, ma qualsiasi forma di protesta, aggrava le pene per chi imbratta beni in uso alle forze di polizia o ad altri soggetti pubblici, prevede il daspo (divieti di accesso a luoghi ad alta frequentazione) per accattonaggio per i minori, ma soprattutto, elimina l’obbligo di rinvio dell’esecuzione della pena per le donne incinte e per le madri di bambini fino a tre anni, con l’obbligatorietà della reclusione per le madri con bambini di età superiore a tre anni.

Nessun bambino in carcere - Abbiamo sostenuto, anche con iniziative pubbliche, che nessun bambino deve varcare la soglia del carcere, che anche gli Icam (istituti a custodia attenuata per detenute madri) sono strutture da superare, perché sempre di carcere si tratta, e la necessità di istituire finalmente le case famiglia per le madri con bambini, già previste per legge e mai realizzate. Sappiamo come è andata a finire, proprio in questa legislatura: il ritiro della proposta di legge Siani/Serracchiani per gli emendamenti presentati dalla maggioranza che ne snaturavano completamente contenuti e finalità.

La Via Maestra - Percorrere la “Via Maestra” per la difesa della Costituzione significa mettere al centro i diritti di tutti, persone libere e persone ristrette, e soprattutto di tutti coloro che più hanno bisogno di supporto e sostegno. Non è con pene sempre più severe che si risponde al bisogno di sicurezza, d’inclusione e giustizia sociale. Il disegno di legge sicurezza deve essere ritirato.

*Daniela Barbaresi è segretaria confederale Cgil.

**Denise Amerini è responsabile dipendenze e carcere dell’area Stato sociale e diritti della Cgil