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di Vincenzo Battaglia

gazzettadisiena.it, 4 ottobre 2023

Giulia Simi e Claudia Cardone sono entrare a Ranza e a Santo Spirito per raccontare le condizioni di vita dei detenuti. Qual è la condizione di vita nelle carceri? È questa la domanda a cui ogni anno i Radicali cercano di rispondere attraverso delle visite negli istituti penitenziari. È un’idea lanciata da Marco Pannella fin dagli anni sessanta e raccolta, in provincia di Siena e non solo, da Giulia Simi, esponente del partito Radicale. Nel mese di agosto, insieme a Claudia Cardone di Italia Viva, Simi è entrata sia al Ranza di San Gimignano che al Santo Spirito di Siena: “È una vita che faccio questo giro delle carceri” - racconta Simi.

Il Ranza nel 2018 è salito alla ribalta delle cronache nazionali per un caso di tortura (la sentenza di primo grado per i cinque agenti imputati è arrivata a inizio settembre). Di tempo ne è passato tanto da allora e adesso Simi e Cardone riportano dei miglioramenti, soprattutto con l’arrivo della nuova direttrice Maria Grazia Giampiccolo: “L’atmosfera dentro il carcere è cambiata - raccontano -. Ci sono tante attività, i detenuti dipingono murales, frequenteranno corsi di matematica, l’idea è quella di accrescere la collaborazione con l’Università di Siena. C’è anche il progetto di aprire un laboratorio di ceramica”.

Nonostante il clima sia diverso rispetto al passato tante problematiche rimangono: “Il carcere è isolato - spiegano Simi e Cardone - è una vecchia tendenza quella di costruire le strutture penitenziarie in questo modo, che però non aiuta i detenuti. Non c’è l’acqua calda nelle celle, che sono tra l’altro molto piccole. Aumenta sempre di più la presenza di stranieri, ma non c’è un mediatore linguistico”. Se sul piano dei detenuti la situazione è più o meno gestibile (ce ne sono 318 per una capienza regolamentare di 243), la difficoltà più grande è legata al numero delle guardie carcerarie. “Gli effettivi sono 189 sua una pianta organica di 229 - spiegano ancora -. Gli agenti sono quindi molto sottodimensionati, oltre a essere pagati poco. Ma è un problema nazionale”.

Al Santo Spirito al momento ci sono 77 detenuti, dei quali 50 definitivi (8 in regime di semi libertà) e 23 in attesa di giudizio (7 imputati, 10 appellanti, 6 ricorrenti) per una capienza regolamentare di 58. “Molti dei carcerati del Santo Spirito sono reclusi per reati di violenza familiare, sessuale e di genere - raccontano Simi e Cardone -. Il difetto di questa struttura è che è molto piccola. Nelle celle vivono anche quattro o cinque persone tutte insieme”. Anche in questo caso non manca il problema delle guardie carcerarie: “Gli effettivi sono 38, su una pianta organica di 50 - proseguono -. Inoltre, al momento, non c’è il magistrato di sorveglianza. Il problema più grosso è legato alla gestione delle emergenze per motivi di salute. Il medico c’è in orari diurni, ma la notte possono solo fare ricorso al pronto soccorso. L’aspetto positivo è che le attività non mancano”.

Entrare dentro un carcere - L’ingresso in un carcere è un’esperienza non facile a livello emotivo, soprattutto per chi non ci è mai stato oppure entra da semplice visitatore: “È sempre un’emozione molto forte - racconta Giulia Simi -, ne ho visitati tantissimi, ma ogni carcere si impara sempre qualcosa di nuovo dal punto di vista umano. È un’occasione per vedere la vita da più punti di vista. La cosa fondamentale è la mancanza di libertà. La diamo sempre per scontata, ma non averla è una sofferenza grandissima”.

Claudia Cardone invece ha fatto queste visite nelle strutture penitenziarie per la prima volta nella sua vita: “Ho avvertito subito il senso di angoscia e oppressione che ti crea la sensazione della mancanza di libertà - afferma. Noi siamo arrivate quasi sempre nel momento del pasto, quando le celle sono aperte. Ma si sentiva comunque sulla pelle la sensazione di costrizione. Entrare in carcere tocca la nostra coscienza perché entri in contatto con una realtà ricca di esperienze diverse e tutte molto coinvolgenti emotivamente”.