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di Marta Serafini

Corriere della Sera, 25 febbraio 2023

Dopo il devastante terremoto pochissimi camion degli aiuti delle agenzie delle Nazioni Unite e delle ong sono riuscite faticosamente a far entrare nel Paese dal lato controllato dai gruppi ribelli e dalle milizie filo turche.

Mentre il mondo guarda giustamente a Kiev, gli occhi dell’opinione pubblica europea non hanno più davanti i danni del terremoto che ha colpito il confine tra la Turchia e la Siria. Dal lato turco arriva un bilancio che nemmeno a distanza di quasi tre settimane può dirsi definitivo: 45 mila vittime. Dal lato siriano si contano ancora i camion degli aiuti che le agenzie delle Nazioni Unite e le ong sono riuscite faticosamente a far entrare nel Paese dal lato controllato dai gruppi ribelli e dalle milizie filo turche. Ma secondo quanto ha denunciato all’inizio della settimana Msf - anche lei impegnata sia sul lato turco che su quello siriano, la stessa Msf la cui nave di ricerca e soccorso viene ora multata e fermata ad Ancona - si tratta di aiuti che sono inferiori comunque al volume medio di prima del terremoto.

In questo quadro devastante e desolante, c’è un uomo che dorme sonni tranquilli. Ed è Bashar Al Assad, fedele alleato del nemico di Kiev, Vladimir Putin, che proprio con l’aiuto del Cremlino ha massacrato e torturato il suo popolo per 13 anni pur di restare al potere. Si accusa Mosca di aver commesso crimini di guerra in Ucraina. E si invoca il diritto internazionale affinché chi ha ucciso, stuprato e torturato paghi. Non si parla più di crimini di guerra e di guerra in Siria. Ma Isis dal 10 febbraio ad oggi ha ucciso nel deserto siriano almeno 100 persone, domenica Israele ha bombardato Damasco e Ankara non accenna a mollare la presa sul Nord Est siriano controllato dai curdi.

Non c’è pace in Siria dopo 13 anni. Nemmeno tra le macerie. Così come in Ucraina tra le rovine di Kherson, del Donbass o di Irpin. O Europa, in Medio Oriente, a Est, nel Mediterraneo. Che sia sotto la polvere e il sangue lasciati sulla terra dalle bombe, che sia sotto le onde di un mare che inghiotte rifugiati o dentro lo sfacelo del più grande terremoto dei nostri tempi. Tragedie che ci riguardano. Che abbiamo il dovere di raccontare e siamo costretti a guardare.