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di Maria Novella De Luca

La Repubblica, 22 aprile 2022

Il 3 maggio Andrea Costa, presidente dell’associazione Baobab, che da anni offre accoglienza ai “transitanti” in fuga da guerre e persecuzioni dovrà rispondere in tribunale della pesantissima accusa che prevede fino a 18 anni di carcere.

“Se Andrea Costa è colpevole di “solidarietà” allora arrestateci tutti”. Finisce con un abbraccio di amici e sostenitori la conferenza stampa di “Baobab Experience”, l’associazione romana che dal 2015 offre rifugio e assistenza ai migranti transitanti nel nostro paese, provando a dare cibo caldo, un giaciglio (e informazioni sui propri diritti) a chi non avrebbe altra dimora in Italia che un angolo di marciapiede.

Andrea Costa, il presidente, appena tornato dal confine tra l’Ucraina e la Moldavia portando in Italia donne e bambini, è stato rinviato a giudizio - il processo il prossimo tre maggio a Roma - con l’accusa (incredibile) di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” e rischia dai sei ai diciotto anni di carcere insieme ad altri due volontari. Il reato? Aver comprato, nel 2016, i biglietti del pullman per nove migranti del Sudan e del Ciad diretti al campo della Croce Rossa di Ventimiglia, accompagnati da una volontaria dell’associazione, dopo lo sgombero della tendopoli romana di via Cupa dove Baobab offriva un primo soccorso a oltre trecento transitanti. “L’accanimento di quei giorni è forte - ricorda Baobab Experience in una nota. Chi portava sostegno è allontanato e la parola d’ordine è “disperdersi” e disperdere la Comunità”.

Un’inchiesta nata nel 2016, affidata addirittura alla Dia, la direzione investigativa antimafia, che per anni intercetta le telefonate di Andrea Costa, lo pedina, mette sotto controllo i suoi conti bancari. Un’inchiesta che nasce, dobbiamo ricordarlo, all’inizio di quella che fu una campagna di criminalizzazione delle Ong che salvavano i migranti, (definite con disprezzo i “taxi del mare”), quando la solidarietà finì sul banco degli imputati, al pari, ed è la cosa più grave, di chi anziché aiutare diseredati in fuga dalle guerre ne faceva traffico di esseri umani.

“Rischio una condanna da sei a 18 anni di carcere e non ho ancora capito perché. Ho deciso di raccontare questa storia ora per non essere travolti nel nostro lavoro di volontari. Sono tornato da poco dall’Ucraina, ho attraversato cinque frontiere portando nel nostro Paese donne e bambini con il plauso delle autorità, delle istituzioni e delle associazioni. Poi invece rischio la galera perché ho aiutato dei ragazzetti ad andare da Roma a un campo della Croce Rossa a Ventimiglia nel 2016. Su di me hanno fatto indagini pesantissime: pedinamenti, migliaia di ore di intercettazioni telefoniche, accessi ai conti bancari. Quando l’Antimafia si accorge di non avere nulla molla l’indagine. Però la magistratura ordinaria va avanti e il prossimo 3 maggio ci sarà la sentenza”.

“È paradossale - aggiunge Costa - hanno speso migliaia di euro per queste indagini, hanno ascoltato ore e ore di conversazioni personali, intime, con le mie figlie, avranno ascoltato le conversazioni per la morte di mio padre. Una cosa terribile”.

“Il processo - ha spiegato l’avvocato Francesco Romeo durante la conferenza organizzata da Baobab - nasceva con l’ipotesi investigativa di associazione a delinquere che sfrutta i migranti per trarne profitto, portata avanti dall’Antimafia. Ma nelle intercettazioni registrate da ottobre a dicembre 2016 non si trova traccia né di associazione né di profitto. Anzi, il controllo sui conti di Costa in quel periodo mostra 15 euro di scoperto”, ha ricordato con ironia Romeo. “L’ipotesi investigativa è quindi caduta. Ma, così come del maiale non si butta via nulla, è rimasta in piedi, come accusa, l’attività di aiuto ai 9 migranti”.

Anche perché per trovare quei famosi 250 euro necessari a pagare i biglietti dei nove ragazzi (che per le condizioni dei loro paesi d’origine avrebbero dovuto avere lo status di rifugiati) Costa fa una colletta. Dunque, come è evidente, l’accusa di lucro sulla pelle dei migranti, si sfarina dopo poco, rendendo in qualche modo inappropriato il potente impianto investigativo che pedina e intercetta il presidente di Baobab. “Tutte le organizzazioni che offrono aiuto ai migranti, a cominciare dalle Ong che prestano soccorso in mare, sono il nemico numero uno dei trafficanti, noi continueremo ad aiutare chi ha bisogno”. ha concluso Andrea Costa