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di Massimo Cacciari

La Stampa, 31 marzo 2023

Tempi bui per la nostra Patria. Tanto precario il suo stato di salute, tanto minacciata la sua sicurezza, da essere costretta a tenere in isolamento assoluto, in carceri inviolabili non solo mafiosi stragisti (i terroristi “in grande” degli anni di piombo - tra collaborazioni e pentimenti - se la sono quasi tutti cavata), ma anche un anarchico colpevole di reati che mai in passato avremmo immaginato capaci di ledere le fondamenta del nostro ordinamento.

Ma non basta. A questo micidiale sovversivo, vicino per il lungo digiuno ormai alla agonia, è stata recentemente proibita anche la lettura della Bibbia. I miei connazionali devono sapere che un detenuto col 41 bis non può ricevere libri, ma solo ordinarli tramite la direzione del carcere che si riserva di decidere quali letture siano atte alla rieducazione del criminale e al suo reinserimento nel generoso grembo della comunità. Attenzione però, i libri non possono essere più di tre (incerta rimane l’interpretazione della norma, se i tre si riferiscano ai titoli o ai tomi). Ora poiché Bibbia è plurale, ta biblia, i libri, è evidente la ragione per cui la direzione del carcere, ben addentro alla grammatica greca, ha ritenuto di non poter concederne al Cospito la lettura.

Se i giuristi sembrano tacere da tempo su questa e altre vicende, bisognerebbe chiedere questa volta ai teologi di dire la loro. Siamo un Paese che per mezzo secolo è stato governato da una forza politica che aveva l’audacia di chiamarsi cristiana. Altrettanto audaci mi sembrano ora tanti suoi eredi a non gridare allo scandalo di fronte a comportamenti delle autorità politiche così radicalmente privi di ogni senso minimo di umanità. Profonde davvero le nostre radici cristiane, blasfemamente blaterate da schiere di politici nostrani. Altro che legge dell’amore, nomos tes agapes (lo dico nel greco del Vangelo in ossequio alla direzione del carcere-bara di Cospito). La legge da noi proibisce la lettura della Bibbia, impedisce di abbracciare per un minuto parenti e amici, rifiuta gli arresti domiciliari a un moribondo dichiarato. Se i giuristi tacciono, che gridino i teologi. E se tacciono anche loro grideranno le pietre (si diceva in uno di quei libri che a Cospito sono stati rifiutati - perché se ne sospetta il carattere rivoluzionario? Se sì, bene, per una volta i suoi così intelligenti e zelanti custodi hanno ragione).

Ai giuristi avanzo un sospetto: che la lotta di Cospito contro il 41 bis (ripeto ciò che ho già detto in tante occasioni: non discuto ora questa norma, ma la sua aberrante applicazione in questo specifico caso) abbia avuto un ispiratore neanche troppo segreto. Leggo: “Il nostro ordinamento ha introdotto quella figura di isolamento mortuario che è il 41 bis e che per certi aspetti è più incivile anche di una mutilazione farmacologica. Questo per dire che il nostro sistema non brilla per civiltà”. Firmato: Carlo Nordio, 28 marzo 2019.

L’inciviltà di un ordinamento, applicato per di più con la durezza del rigor mortis, è davvero il segno di una profonda crisi dello Stato, di una sua estrema debolezza. È allora che un governo avverte ovunque minacce e pericoli, è allora che cade in una ossessione auto-sicuritaria e auto-conservatrice, che immiserisce, soffoca, degrada e produce permanente stato di eccezione. Forse in terra mai si è visto e mai si vedrà la legge dell’amore, ma che almeno le nostre leggi siano ragionevoli e civile la loro applicazione. Credo sia giunto il momento di pretenderlo da tutti noi, animali sì, ma dotati di logos.