sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Daniele Zaccaria

Il Dubbio, 5 febbraio 2024

Il dispositivo carcerario ideato da Jeremy Bentham era un’utopia per migliorare le condizioni dei detenuti, ma anche, per dirla con Foucault, il modello della moderna società del controllo e della sorveglianza perpetua. Il “panopticon” è il modello architettonico che simboleggia l’avvento dei moderni istituti di pena, il “carcere ideale” secondo le parole e le intenzioni del suo ideatore, il filosofo britannico Jeremy Bentham, liberale, riformatore convinto e “cittadino onorario” della Rivoluzione francese.

Che vedeva nella sua invenzione un progresso per mettere fine alla disorganizzazione e all’insalubrità delle carceri, fatiscenti e sovraffollate al punto che molti londinesi venivano detenuti sui barconi ancorati alle rive del Tamigi.

Un modello da estendere e applicare anche in altri campi della vita pubblica, dalle scuole alle fabbriche, dalle caserme agli ospedali e persino nei palazzi della politica: “Verrà riformata la moralità, preservata la salute, rinvigorita l’industria, diffusa l’istruzione e ridotte le spese”, scriveva Bentham con il fervore e l’ottimismo tipico di un filosofo del Settecento. Il sistema è semplice, mutuato dagli studi del fratello Samuel che era ingegnere e costruttore navale: una torre centrale svetta al centro di un cortile ad anello attorno al quale sono disposte celle dei detenuti, in cima le guardie carcerarie sorvegliano i prigionieri senza essere mai viste grazie a uno studiato gioco di luci che filtrano dalle finestre. Lo sguardo dei sorveglianti abbraccia così la totalità dello spazio, onnipresente e impersonale, come quello dell’autorità. Come spiega l’architetto Christian Demonchy, autore del saggio Gouverner enfermer, “l’intera funzionalità del carcere è concentrata nel servizio di guardia”. Bentham era così convinto della bontà del panopticon da avere previsto dei corridoi per i visitatori esterni perché voleva mostrarlo alla “buona società”. Non furono molte le prigioni che sfruttarono nella pratica l’idea di Bentham e sempre in forme ibride o parziali, combinate con i vecchi modelli di segregazione punitivi. Per esempio il Presidio Modelo, sull’isola di Cuba; prima della Rivoluzione ospitò Fidel Castro e in seguito i suoi oppositori, la sua architettura ispirò il romanzo di George Orwell Il grande fratello.

Oppure prigione di Milbank a Londra, quella di Stateville in Illinois, tutte dotate di una torre centrale per controllare i reclusi, mai però nella versione “pura” concepita da Bentham In Francia più che il panopticon, fu il “piano irradiante” a prevalere. In una circolare diffusa nel 1841, il ministro dell’Interno imponeva l’isolamento e proponeva due soluzioni: la pianta circolare o quella irradiante. Il modello è pensato a stella: gli architetti hanno disegnato un lungo corridoio fiancheggiato da celle su tre livelli, aggiungendo un vuoto centrale fiancheggiato da passaggi e installato quattro o cinque edifici a pianta raggiante con, al centro, un crocevia per gli incontri e le ispezioni.

Costruita nel 1836 dall’architetto Louis-Hippolyte Le Bas, la prigione Petite-Roquette a Parigi si fonda sul principio di Bentham: la torre centrale di questo centro di riabilitazione per bambini che permette la sorveglianza in ogni istante nelle sei gallerie è stata un fallimento, come diversi istituti simili che negli hanno ospitato un numero molto ridotto di detenuti.

Insomma, un’idea che non ha avuto la fortuna sperata dal suo inventore ma che tornò in auge, in chiave rovesciata, nel ventesimo secolo grazie a un altro filosofo, il francese Michel Foucault; in Sorvegliare e punire individua nel panopticon un’angosciante utopia totalitaria che rappresenta plasticamente e profeticamente la contemporanea società della sorveglianza. Qualcosa di tremendamente attuale per la nostra epoca di “big data” e controllo digitale diffuso. Ecco come Foucault descrive la condizione della persona reclusa all’interno della struttura panottica: “Non servono armi, violenza fisica, vincoli materiali. Ma uno sguardo che sorveglia e che ciascuno, sentendolo pesare su di sé, finirà per interiorizzare fino al punto di osservare se stesso: ciascuno, così, eserciterà questa sorveglianza su e contro se stesso”.

In tal senso l’autorità monitora costantemente ogni individuo, nel suo corpo e nella sua mente, inducendo comportamenti coerenti con quanto richiesto all’istituzione che non ha nemmeno bisogno di applicare la costrizione fisica. Individuando i reprobi in tempo reale: una delle caratteristiche di questo sistema è infatti la sua velocità di reazione, i reati vengono puniti nel momento stesso in cui vengono commessi, perché tutti sono posti sotto lo sguardo dell’altro, dai residenti della prigione al personale di vigilanza. Foucault ha capito perfettamente che questo dispositivo carcerario è una calzante metafora dei nuovi sistemi di sorveglianza e controllo messi in piedi da un potere meno muscolare e coercitivo, un potere più discreto e mimetico che si infiltra in tutti i meandri della vita privata degli individui.