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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 10 febbraio 2024

Il sovraffollamento carcerario, purtroppo, è un problema ricorrente del nostro Paese”, afferma la giudice Anna Ferrari, dal 2018 al 2021 componente italiano del Consiglio di cooperazione penologica del Consiglio d’Europa (Pc-Cp), l’organismo con sede a Strasburgo che redige le “raccomandazioni” per tutti i 47 Stati membri in materia di esecuzione delle pene in carcere e del sistema di probation.

I testi adottati dal Pc-Cp, dopo la loro approvazione da parte del Comitato dei ministri, costituiscono le linee guida per le varie normative nazionali in materia di ordinamento penitenziario. “Il faro è sempre l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, secondo cui nessuno può essere sottoposto a tortura o a pene o trattenenti inumani o degradanti”, aggiunge la giudice Ferrari, ora consigliere della Corte d’Appello di Milano ed in passato magistrato di sorveglianza con l’incarico di coordinatore dell’Ufficio di Varese.

La norma, nell’interpretazione poi offerta dalla Corte di Strasburgo, vede nel sovraffollamento carcerario una forte violazione dell’articolo 3 Cedu allorquando il detenuto disponga nella cella di uno spazio inferiore ai 3 metri quadrati. Il tasso di sovraffollamento medio, calcolato sul numero dei posti ufficiali e non su quelli effettivamente disponibili, si attesta oggi al 118 percento. Le carceri della Puglia e della Lombardia sono quelle con maggiori criticità, con tassi rispettivamente del 143,1 percento e del 147,3 percento. L’ istituto più affollato d’Italia è quello di Brescia con un tasso del 218 percento. All’epoca della sentenza Torreggiani, nel gennaio del 2013, quando l’Italia fu condannata dalla Cedu per sistematici trattamenti inumani e degradanti, il tasso di sovraffollamento era del 151 percento (67.961 detenuti quando la capacità massima era di 45.000 detenuti). “Siamo ancora lontani dalla soglia che fece scattare la Torreggiani e ordinò all’Italia di rimuovere tale questione”, ha ricordato questa settimana il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), il magistrato antimafia Giovanni Russo, in audizione alla Commissione Giustizia della Camera. Nel 2022, comunque, oltre 4.000 detenuti sono stati risarciti economicamente o hanno ricevuto sconti sulla loro pena a causa delle condizioni detentive inaccettabili. Attualmente i detenuti nelle carceri italiani sono 60.814, con un incremento di circa 400 detenuti ogni mese. Di questi, circa 43 mila sono comuni, gli altri si dividono tra alta sicurezza e 41 bis. “Negli ulti 25 anni solo in altre 5 occasioni sono stati superarti i 60 mila detenuti”, ha precisato Russo. Il bilancio dell’Amministrazione penitenziaria è di circa 3 miliardi di euro l’anno e vede i due terzi destinati soltanto per le spese del personale.

Per realizzare una nuova struttura servirebbero oltre 25 milioni di euro. Considerando quindi il numero attuale di detenuti senza posti regolamentari, sarebbero necessari ben 52 nuovi istituti, per un totale di 1 miliardo e 300 milioni di euro. Le carceri richiedono poi personale qualificato: oltre agli agenti della polizia penitenziaria, educatori, psicologi, medici, mediatori, direttori, amministrativi, assistenti sociali, infermieri.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica sul tema del sovraffollamento carcerario, l’ex parlamentare radicale Rita Bernardini, ora presidente di Nessuno Tocchi Caino, e il deputato Roberto Giachetti di Italia viva, sono da quasi 20 giorni in sciopero della fame. L’Aula di Montecitorio, rivedendo una sua decisione, giovedì scorso ha deciso che la settimana prossima inizierà l’iter in Commissione giustizia della proposta di legge sulla liberazione anticipata speciale promossa da Nessuno Tocchi Caino e presentata da Giachetti. “Siamo grati - hanno dichiarato Bernardini e Giachetti - a tutti coloro, maggioranza e opposizione, che hanno voluto condividere l’impegno per uscire dall’emergenza affollamento. Una scelta importante e non scontata che siamo certi aiuterà a trovare soluzioni rapide ed adeguate per ridurre le sofferenze dell’intera comunità carceraria”.