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di David Allegranti

lettera43.it, 13 gennaio 2024

Il 2024 si è aperto con due detenuti che si sono tolti la vita. A fronte di una capienza di 51.179 posti, ci sono 60.166 persone dietro le sbarre. Mancano strutture per la salute mentale. E l’esecutivo che fa? Aumenta il numero dei penitenziari. Che non serve a niente. Analisi di una piaga atavica che la destra sembra snobbare. Nemmeno due settimane di 2024 e sono già due i suicidi nelle carceri italiane. Fatiscenti, da abbattere (come Sollicciano a Firenze, ma non è l’unico). Sovraffollate: 60.166 detenuti presenti al 31 dicembre 2023, parecchio oltre la capienza regolamentare del sistema carcerario, che è di 51.179 posti. Senza strumenti in grado di affrontare l’aspetto psicologico secondo una ricerca di Antigone, il 77,6 per cento degli istituti penitenziari non ha un’articolazione per la salute mentale. Carceri inadeguate, insomma, dove ci finisce chi non ci dovrebbe stare, come il 23enne Matteo Concetti, affetto da patologia psichiatrica, che si è ammazzato nel carcere di Ancona.

Perché non c’è la detenzione domiciliare per chi ha problemi psichici? Che cosa ci faceva Concetti in galera? Niente, evidentemente. Ma per essere ancora più sicuri lo chiediamo al filosofo del diritto Emilio Santoro, che a Lettera43 dice: “La Corte costituzionale, con la sentenza n. 99 del 19 aprile 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-ter, comma 1-ter, dell’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che, nell’ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta, il tribunale di sorveglianza possa disporre l’applicazione al condannato della detenzione domiciliare anche in deroga ai limiti di cui al comma 1 del medesimo art. 47-ter”. Per cui, chiarisce Santoro, “c’è da chiedersi quanti dei detenuti con disturbi psichici che si sono suicidati potevano essere spostati in detenzione domiciliare, e casomai presso un luogo di cura? Perché dalla sentenza della Corte quasi nessun detenuto è stato dichiarato incompatibile con il carcere per i suoi problemi psichici e invece si sono aperte strutture o sezioni psichiatriche dentro le carceri?”.

L’unica inefficace risposta del governo Meloni: aumentare le carceri - Tutte ottime domande che vanno girate a chi legifera e governa. Anche perché fin qui la risposta di maggioranza ed esecutivo è stata davvero insufficiente. Di fronte al problema di chi si toglie la vita in carcere - evento che ha una sua elevata componente di imponderabilità, come spiega sempre Santoro nelle sue riflessioni - la risposta del governo Meloni è stata solo una: aumentare il numero delle carceri. Ma non serve a niente, come ha osservato Rita Bernardini, che ha presentato alla Camera l’inizio dello “sciopero della fame di dialogo con Giorgia Meloni” promosso dall’associazione Nessuno tocchi Caino.

Capo del Dap e garante dei detenuti, due ruoli particolarmente delicati - Accanto a lei anche la deputata Maria Elena Boschi di Italia viva, che ha sottolineato la natura panpenalistica del governo Meloni: “A fronte della necessità di affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, perché uno Stato democratico non può permettersi violazioni dei diritti umani fondamentali, la presidente del Consiglio si muove in direzione ostinata e contraria. La presidente Meloni, con cui è necessario aprire un dialogo sul tema, più che svuotare le carceri le riempie, aumentando pene e reati”.

Sono insomma “ancora troppe le persone che non dovrebbero essere in carcere e che troppo spesso subiscono esiti drammatici”, ha detto Boschi, rivolgendo un invito a tutti i deputati e senatori: “Sul tema serve una riflessione seria, che noi di Italia viva facciamo da tempo sia al fianco di Nessuno Tocchi Caino sia attraverso un lavoro legislativo e di sindacato ispettivo. Ma invitiamo tutti i parlamentari a visitare almeno una volta il carcere. Aiuterebbe ad assumere decisioni con maggiore consapevolezza e a scegliere le persone giuste per i giusti incarichi, basta pensare alla delicatezza di ruoli come quelli del capo del Dap e del garante dei detenuti, che ci auguriamo possa svolgere l’incarico con l’indipendenza che ci si aspetta”.

A Meloni e al ministro Nordio interessa qualcosa? L’invito di Boschi andrebbe allargato ai ministri del governo Meloni ma anche a tutti i magistrati che non hanno mai messo piede una volta in vita loro nelle carceri italiane. Se ne visitassero qualcuna, si farebbero un’idea senz’altro più precisa di quello che, per esempio, racconta il presidente di Antigone Patrizio Gonnella, nell’ultimo report di fine dicembre 2023 sullo stato di salute delle carceri italiane: “Quello che notiamo è la crescita estremamente rapida del sovraffollamento penitenziario. Oggi i detenuti sono 60 mila, oltre 10 mila in più dei posti realmente disponibili e con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2 per cento, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità. Nel trimestre precedente di 1.198. In quello ancora prima di 911. Nel corso del 2022 raramente si è registrata una crescita superiore alle 400 unità a trimestre. Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu”. Interessa a qualcuno tra Meloni e il ministro della Giustizia Carlo Nordio?