sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Simona Musco e Giovanni M. Jacobazzi

Il Dubbio, 26 dicembre 2022

Da due anni sono ancora fermi al palo i fascicoli relativi alle violazioni del segreto nei procedimenti sull’ex capo dell’Anm. Né sono mai state chiarite le anomalie sugli ascolti.

Ci sono state delle violazioni di legge nella gestione delle intercettazioni, telefoniche e a mezzo trojan, nel Palamaragate? E, soprattutto, che fine ha fatto l’indagine sulla fuga di notizie che caratterizzò la prima fase dell’inchiesta a maggio del 2019 e poi denunciata dal diretto interessato?

Nell’intervista rilasciata al Dubbio, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ha criticato fermamente le dichiarazioni rilasciate dal ministro della Giustizia Carlo Nordio a proposto delle “illegalità” commesse nell’indagine della Procura di Perugia nei confronti di Luca Palamara, riprendendo l’argomento già speso dal vicedirettore del Domani Emiliano Fittipaldi secondo il quale, prima dell’entrata in vigore della legge Orlando, le intercettazioni erano liberamente divulgabili.

Santalucia, in particolare, ha affermato che le “cose non stanno” come le rappresenta Nordio perché “le intercettazioni di quel fascicolo erano regolate dalla legge precedente alla Orlando” ed inoltre “non è poi vero che le intercettazioni non siano state depositate a favore della difesa e che non si sia proceduto alla loro trascrizione nelle forme della perizia in contraddittorio con la difesa” pur premettendo di “non avere il fascicolo in mano”.

Sul punto vale la pena ricordare che il giudice per le indagini preliminari di Firenze Sara Farini, con un provvedimento del 27 gennaio 2021, quindi successivo all’entrata in vigore della legge Orlando, a proposito della divulgazione degli atti dell’indagine perugina del 29 maggio 2019, ha testualmente affermato che “sussiste senza dubbio il fumus commissi delicti del reato in iscrizione, considerata la circostanza - non controversa alla luce della documentazione prodotta dal denunciante e dalla scansione temporale dei fatti riferita in querela - della pubblicazione su varie testate giornalistiche di notizie ancora coperte da segreto investigativo.

Appare dunque configurabile la fattispecie di cui all’art. 326 c. p.: vi è stata una condotta di illecita rivelazione di dette notizie da parte di un pubblico ufficiale, allo stato non identificato, che, avvalendosi illegittimamente di notizie non comunicabili in quanto coperte dal segreto investigativo, riferibili ad atti depositati presso la Procura della Repubblica di Perugia, le ha indebitamente propalate all’esterno”. A proposito della condotta tenuta dalla Procura di Firenze nella persona del procuratore aggiunto Luca Turco, la medesima dottoressa Farini non ha mancato di precisare che “ad oggi non risultano infatti compiuti atti di indagine volti quantomeno a circoscrivere la platea di soggetti che possono essere venuti in contatto con le notizie segrete indebitamente propalate all’esterno della Procura della Repubblica di Perugia”.

Ebbene a distanza di quasi due anni dal provvedimento della dottoressa Farini nulla si è mosso a Firenze, competente per i reati commessi dai colleghi umbri, e le richieste dei legali di Palamara cadono regolarmente nel vuoto. Anche dell’altro fascicolo, allo stato attuale, non si hanno notizie. Ovvero quello sulla presunta manomissione del trojan, denunciata da Palamara e dall’ex deputato Cosimo Ferri a Napoli e Firenze. Le ipotesi avanzate dalle due procure a carico di quattro persone sono gravi: accesso abusivo al sistema informatico, frode nelle pubbliche forniture, errore determinato dall’altrui inganno, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico e falsa testimonianza, reati contestati, a vario titolo, ai vertici della Rcs, la società che ha noleggiato il trojan alla guardia di finanza di Roma per le indagini a carico dell’ex presidente dell’Anm.

Le difese dei due ex magistrati avevano scoperto l’esistenza di un server “occulto” della Rcs collocato all’interno della Procura di Napoli. Un server non autorizzato, scoperto dopo l’ammissione dell’ingegnere della Rcs Duilio Bianchi davanti ai pm fiorentini, ai quali ha confermato che i dati del telefono di Palamara, anziché finire sul server autorizzato installato nei locali della Procura di Roma, finivano a Napoli, nella memoria di due server collocati nei locali del Centro direzionale. Bianchi, nel corso del procedimento disciplinare a carico di Palamara davanti al Csm, aveva invece negato l’esistenza di un server intermedio.

Ma ad indagare è stata la difesa di Ferri, rappresentata dall’avvocato Luigi Antonio Paolo Panella, che si è rivolto a due super consulenti tecnici: l’ingegnere elettronico Paolo Reale, presidente dell’Osservatorio nazionale di informatica forense, e il dottor Fabio Milana, perito iscritto all’Albo del Tribunale di Roma. Dai dati acquisiti dalla procura di Firenze è emerso che la Rcs avrebbe utilizzato differenti architetture di sistema per le intercettazioni con il trojan disposte dalle diverse procure, ipotesi confermata dalle audizioni dei tecnici della società e dalle indagini svolte dal Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche e dai carabinieri. Nel 2019 la Rcs avrebbe utilizzato un sistema fondato su tre macchine, architettura in seguito modificata con l’eliminazione di uno dei server, rimasto in funzione soltanto per consentire l’attività d’indagine di un’altra procura.

Il 4 aprile del 2019, parte dei macchinari di tale sistema è stata trasferita nella sala server della procura di Napoli. Il tutto senza che lo stesso ufficio giudiziario fosse a conoscenza di nulla. Ma non solo. La Procura di Perugia ha, infatti, intercettato oltre che Palamara anche altri indagati ed in particolare gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Ebbene di queste intercettazioni, soprattutto di quelle di Amara, il beneficiario della corruzione di Palamara, non si è mai saputo nulla. Il Gico della guardia di finanza, delegato alle indagini, non ha trascritto neppure una delle centinaia di telefonate fatte da Amara e i legali di Palamara non sono mai entrati in possesso dei relativi file audio sicché non hanno mai neppure avuto la possibilità di chiedere al giudice la “trascrizione nelle forme della perizia”.

Tutto ciò a distanza di quasi quattro anni dallo scoppio dell’indagine e quando l’ex zar delle nomine al Csm si trova già rinviato a giudizio davanti al giudice del dibattimento. Forse Nordio - che ha annunciato l’invio degli ispettori ministeriali a Firenze dopo le denunce di Matteo Renzi - non ha proprio tutti i torti quando stigmatizza duramente la gestione di quel fascicolo….