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di Angela Mauro

huffingtonpost.it, 24 giugno 2023

La liberale olandese in t’Veld, nota anti-Orban: “È la morte della democrazia”. Anche Verdi, socialisti e sinistra contrari alla versione del Media Freedom Act voluta dagli Stati membri. Ma Ppe e destre strizzano l’occhio. Il negoziato inizia a settembre. Reporters senza frontiere e altre 61 organizzazioni sul piede di guerra.

“I governi nazionali vogliono trasformare il Media Freedom Act europeo in una licenza de facto per spiare i giornalisti senza limiti. Questa è la morte della democrazia”. Sophie in ‘t Veld, europarlamentare olandese del gruppo liberale di Renew Europe, nota per le sue battaglie contro Viktor Orban e anche contro l’uso dello spyware Pegasus per spiare i giornalisti in Ungheria, è fuori di sé dalla rabbia. Per lei, per i socialisti, i Verdi e la sinistra al Parlamento europeo, la bozza dello ‘European Media Freedom Act’ licenziata dagli ambasciatori degli Stati membri questa settimana e anticipata da Huffpost non va affatto bene. I negoziati tra gli Stati e l’Eurocamera inizieranno solo a settembre, ma è già battaglia. Le associazioni di categoria, a partire da Reporters senza frontiere, sono sul piede di guerra. Szabolcs Panyi, giornalista investigativo ungherese sottoposto a sorveglianza con Pegasus, dice: “Non ho potuto proteggere le mie fonti. La leadership dell’Ue a Bruxelles deve rendersi conto che qualsiasi cittadino dell’Ue, che sia un giornalista o una fonte di un giornalista, può diventare oggetto di sorveglianza illegittima se alcuni Stati membri se la cavano sempre usando la ‘sicurezza nazionale’ come lasciapassare”.

Il punto è che la responsabile dei negoziati per il Parlamento, Sabine Verheyen, tedesca del Ppe, non è contraria in linea di principio alla formulazione scelta dagli Stati. Per la precisione, è stata la Francia a chiedere di inserire delle eccezioni nel testo e consentire alle agenzie di intelligence nazionali di far uso di software intrusivi, installati nei telefoni o le apparecchiature dei media, redazioni o anche singoli giornalisti, per questioni di sicurezza nazionale. Germania, Olanda, Lussemburgo hanno sostenuto la proposta francese, gli altri Stati non sono intervenuti. Alla fine è passato un compromesso meno duro di quanto richiesto da Parigi, ma che comunque prevede l’uso dei cosiddetti ‘spyware’ per spiare i giornalisti se c’è il sospetto di minaccino la sicurezza nazionale. Il Media Freedom Act era stato pensato come misura per proteggere l’indipendenza dei media nei paesi a guida sovranista, in Polonia e Ungheria, che infatti hanno votato contro nella riunione degli ambasciatori che ha licenziato il testo a maggioranza. Ma la versione finale, da sottoporre al negoziato con il Parlamento, svela le tentazioni di controllo degli altri Stati.

E così, tanto per iniziare, la maggioranza Ursula all’Eurocamera si spacca. O almeno, ci sono delle avvisaglie molto concrete. La trattativa con i rappresentanti del Consiglio (gli Stati) inizierà dopo l’estate, ma in Commissione Cultura all’Europarlamento è già cominciata. Non si è ancora al punto della formulazione degli emendamenti, ma uno scontro contro la relatrice del Ppe Verheyen c’è già stato. I Verdi sono fermamente contrari all’uso degli spyware per spiare i giornalisti in nessun caso. Così i liberali, appunto. E anche i socialisti, rappresentati in Commissione Cultura da Massimiliano Smeriglio, indipendente del Pd. “Testo sbagliato. Difenderemo la libertà di stampa in Commissione Cultura con il voto previsto per settembre e poi in Parlamento”, dice Smeriglio. Contraria anche la sinistra. Invece il Ppe cerca la mediazione anche con i Conservatori e riformisti, che sono sulle posizioni della Polonia e dell’Ungheria, insieme ai sovranisti di Identità e democrazia.

La questione entra nel vivo a settembre, ma già allarma le associazioni di categoria, a cominciare da Reporters senza frontiere. Insieme ad altre 61 organizzazioni, Rsf ha scritto una lettera aperta al Consiglio per chiedere un cambiamento di rotta. L’attuale testo, si legge, “invece di proteggere i giornalisti e le loro fonti, legalizzerà l’uso di spyware contro i giornalisti” e trasforma le protezioni originariamente offerte “in gusci vuoti”. “Attraverso questa nuova disposizione, il Consiglio non solo sta indebolendo le salvaguardie contro la diffusione di spyware, ma ne incentiva fortemente l’uso esclusivamente sulla base della discrezionalità degli Stati membri”.

La lettera cita l’opinione del giornalista ungherese Szabolcs Panyi, spiato dal governo Orban attraverso Pegasus. “L’analisi tecnica forense del mio telefono ha mostrato che lo spyware Pegasus era in esecuzione sul mio dispositivo da sette mesi - racconta Panyi - Questa sorveglianza su di me ha impedito il mio diritto di proteggere le mie fonti di informazione. Sono un giornalista investigativo che fa molto affidamento sulle informazioni degli informatori. In ambienti politici sempre più repressivi, come in Ungheria, dove i media sono sotto il controllo e la pressione del governo, gli informatori e le fughe di notizie sono l’unico modo rimasto ai giornalisti investigativi per scoprire la verità. Questo è esattamente il motivo per cui, con il pretesto di vaghi e fasulli motivi di sicurezza nazionale, la sorveglianza viene utilizzata contro i giornalisti in Ungheria. Ha un enorme effetto raggelante e potrebbe rendere impossibile il nostro lavoro. La leadership dell’Ue a Bruxelles deve rendersi conto che qualsiasi cittadino dell’Ue, che sia un giornalista o una fonte di un giornalista, può diventare oggetto di sorveglianza illegittima se alcuni Stati membri se la cavano sempre usando la ‘sicurezza nazionale’ come lasciapassare. Ciò rende il Media Freedom Act ancora più essenziale nella protezione dei diritti dei giornalisti e della libertà di stampa”.

Tutto dipenderà dal negoziato del Parlamento con il Consiglio. Ma soprattutto dalla compattezza della maggioranza Ursula, composta dai maggiori gruppi di questa legislatura che volge alla fine: Popolari, socialisti, Liberali con l’appoggio dei Verdi. Se i segnali di sfaldamento saranno confermati nella trattativa finale, c’è poco da aspettarsi. Tanto più che il diritto di poter spiare i giornalisti per la sicurezza nazionale è stato chiesto dai maggiori Stati dell’Ue, non dai soliti noti sovranisti.