di Enrico Franceschini
La Repubblica, 12 maggio 2023
Arrestato nel 2002 durante le indagini sull’attacco all’America dell’11 settembre 2001, è stato una “cavia per le tecniche di interrogatorio della Cia”. Il rapporto, pubblicato dal Guardian, è stato preparato dai suoi avvocati per sensibilizzare l’amministrazione Biden sul suo caso. Sbattuto contro un muro. Costretto a mangiare contro la sua volontà. Tenuto con la testa sott’acqua. Sottoposto a un vortice di gelo, fame e intenso rumore. Legato nudo a una sedia di fronte a una donna per umiliarlo. Minacciato di venire stuprato con un bastone. Minacciato di dissacrazione di una copia del Corano con i suoi stessi escrementi. Sono alcune delle tecniche di tortura ritratte in una serie di impressionanti disegni da Abu Zubaydah, un cittadino saudita catturato dalla Cia in Pakistan nel marzo 2002 durante le indagini sull’attacco all’America dell’11 settembre 2001 e da allora detenuto nel carcere Usa di Guantanamo. Le immagini, rese note per la prima volta, fanno parte di un rapporto preparato dai suoi avvocati per sensibilizzare l’amministrazione Biden al suo caso e cercare di ottenerne il rilascio.
Abu Zubaydah ha 52 anni e da ventun anni è sotto custodia a Guantanamo senza essere mai stato incriminato. Secondo i suoi legali le autorità americane sono convinte che è innocente. Eppure, non è stato fissato alcun termine per la sua carcerazione o per un processo. Per questa ragione gli avvocati che lo rappresentano e le associazioni per la difesa dei diritti umani lo hanno soprannominato “the forever prisoner”, il prigioniero per sempre.
I disegni ritraggono le torture da lui stesso subito, ma sono tipiche di tecniche di interrogatorio usate contro tutti i detenuti a Guantanamo e nelle altre prigioni segrete della Cia in Europa o in Medio Oriente, afferma il professor Mark Denbeauk, il legale che guida il suo collegio difensivo. Il Guardian ha messo ieri online il rapporto, intitolato “American torturers - Fbi and Cia abuses at Guantanamo” (I torturatori americani - gli abusi dell’Fbi e della Cia a Guantanamo), con l’avvertenza ai lettori che le immagini possono risultare scioccanti per la violenza che descrivono.
Secondo gli avvocati le immagini sono così realistiche, che il team difensivo ha deciso di oscurare il volto di alcuni dei torturatori affinché non possano essere riconosciuti. Ogni disegno è annotato con spiegazioni scritte da Abu Zubaydah. “È il primo prigioniero ad avere subito torture ed è diventato una specie di cavia per le tecniche di interrogatorio della Cia”, sostiene il professor Denbeaux. È stato sottoposto a “waterboarding”, una tecnica simile all’annegamento, 83 volte, dice il suo avvocato.
Sulla vicenda degli abusi e delle torture sofferti dai prigionieri nel programma di anti-terrorismo americano dal 2001 in poi è stata condotta un’inchiesta dal Senato di Washington, che nel 2013 ha completato un dossier di 6.700 pagine sull’argomento: ma il documento non è mai stato reso pubblico. Le sue conclusioni, tuttavia, sono note, scrive il Guardian: gli abusi non hanno fornito nuove informazioni all’intelligence Usa.
La pubblicazione dei disegni arriva in un momento particolare per Abu Zubaydah. La settimana scorsa un’agenzia dell’Onu ha chiesto la sua immediata liberazione, definendo la sua lunghissima prigionia un crimine contro l’umanità. Gli avvocati affermano che la richiesta, insieme alle immagini delle violenze che ha subito, dà un barlume di speranza che il suo trattamento venga riesaminato dall’amministrazione americana.