di Alberto C. Ferro
italiastarmagazine.it, 31 luglio 2018
Jalil Muntaqim ha trascorso 47 anni in prigione. Ex membro del Black Panther e della sua organizzazione segreta, il Black Liberation Army, era stato accusato di avere avuto un ruolo nell'omicidio di due poliziotti di New York nel 1971. Una delle vittime era Giuseppe Piagentini, padre di Diane.
Oggi lei non ne vuole sapere di dare un parere favorevole alla sua liberazione: "È un tradimento, un oltraggio alla memoria di mio padre", ha ribadito recentemente in tv. Anche in Italia è in corso un dibattito simile, a proposito degli ultimi prigionieri delle Brigate Rosse del periodo storico e, anche in questo caso, i detenuti italiani per reati politici non si sono mai dissociati dai loro crimini. Così come le Black Panther. Muntaqim è uno dei 19 radicali, tra cui due donne, ancora in carcere 40 o più anni dopo essere state arrestati per atti violenti legati a quella che veniva definita "guerra di liberazione".
Nel 2019 il detenuto più anziano delle Black Panther, Romaine "Chip" Fitzgerald, "festeggerà" 50 anni di galera. La detenuta più anziana, Sundiata Acoli, ha 81 anni. Dal 2000, altri 10 detenuti politici sono morti in carcere per cause naturali, forse aggravate anche dalla condizione carcerarie. I 19 militanti incarcerati sono stati condannati per avere ucciso - anche se molti professano la loro innocenza - e per molti vale lo slogan "fine pena mai".
Negli Usa è in corso una specie di battaglia, etica e morale, per restituire l libertà a queste persone. Robert Seth Hayes, come Muntaqim ex membro del Black Panther e del Black Liberatione Army, che in allora teorizzava la lotta armata, è stato liberato, all'età di 69 anni, dalla stessa prigione di massima sicurezza di New York dove ha trascorso gran parte della sua vita, 45 anni in cella per l'omicidio di un poliziotto, Sidney Thompson, durante uno scontro in una stazione del Bronx nel 1973.
Nel 1998 aveva ottenuto la libertà sulla parola, ma ogni due anni gli è stata detta la stessa cosa: nonostante la buona condotta tenuta in carcere, agli occhi della commissione, Hayes continuava a rappresentare una minaccia per la società. Fu solo all'undicesimo tentativo, 20 anni dopo, e con la sua salute in rapido declino, si convinsero che era degno di essere riabilitato.
Scrive il Guardian: "La libertà di Hayes innalza ulteriormente la posta in gioco, costringendo le autorità di New York e di tutto il paese a considerare questioni fondamentali: esiste la possibilità d una riabilitazione per coloro che sono stati giudicati colpevoli di aver ucciso agenti di polizia a causa della rivoluzione nera? Devono rinunciare alle loro idee per meritare il rilascio? Oppure il sistema di giustizia penale statunitense li indica per un trattamento particolarmente duro e per una prigionia senza fine come prigionieri politici, come sostengono gli stessi uomini e le stesse donne in carcere?".
Nessuno di loro ha rinunciato alle proprie idee sui concetti-base del pensiero di Malcolm X, sulla "Black Liberation". Sarà per questo che Muntagin, nonostante abbia maturato i diritti per la condizionale libertà, si vede sistematicamente respingere, ogni due anni, il sospirato ritorno a una vita normale. I tempi non sono maturi, suggeriscono i giudici, Ma quando lo saranno?