sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Luca Celada

Il Manifesto, 22 luglio 2023

Dall’affirmative action al primato della fede sulla libertà della comunità Lgbtq. Un anno di sentenze dei sei giudici reazionari. Le sentenze con cui la Corte Suprema ha chiuso l’anno giuridico a Washington, disegnano la deriva conservatrice del massimo tribunale americano, blindato da Trump con tre nomine durante il suo mandato. La Corte sta prevedibilmente funzionando come congegno reazionario al centro della politica e della società americane, e come una forza primaria di divisione in una nazione già in crisi polarizzante.

L’ABISSO culturale che divide il paese è stato incarnato dalla sentenza che un anno fa ha abolito le protezioni federali al diritto di abortire. Su questa scia anche quelle che il mese scorso hanno sancito il primato della fede religiosa sui diritti Lgbtq, annullato il condono dei debiti per gli studenti ed abolito la “affirmative action” - il sistema di agevolazioni per minoranze nelle iscrizioni universitarie, istituito inizialmente sessant’anni fa, sotto John F. Kennedy. Le decisioni rappresentano nuovi tasselli nel progetto originalista, il termine con cui la destra ama definire la dottrina integralista che vede la Corte come interprete letterale della costituzione del 1787. La dottrina, avanzata dalla destra reazionaria, ammanta di purezza costituzionale il progetto per azzerare sessant’anni di progresso su diritti civili.

Come l’aborto, la affirmative action in particolare è stata a lungo nel mirino dei conservatori, attaccata come sistema di quote razziali ed anatema per la meritocrazia pura assurta a tema fisso della retorica populista. Di fatto le quote come tali erano già incostituzionali ma nel determinare l’accesso alle iscrizioni gli atenei (come molte imprese per le assunzioni) avevano facoltà di prendere in considerazione la razza come uno dei fattori nel determinare l’ammissione degli studenti. Da ora questo non è più consentito.

Alla radice della questione vi è il concetto di legittimo riequilibrio di una società caratterizzata da storiche e sistemiche iniquità ed il ruolo istituzionale nella loro correzione. La sentenza inverte la rotta su un processo storico intrapreso fin dopo la guerra civile. Dopo la sconfitta degli stati schiavisti, il Nord intraprese una vasta operazione di riforma, concedendo il voto agli schiavi liberati ed implementando una serie di norme ed iniziative volte ad integrare la popolazione nera. Le profonde riforme sociali, note come Reconstrution non vennero mai completate. In seguito all’accordo politico fra riformisti repubblicani (il partito di Lincoln) e democratici bianchi del sud, gli stati ex confederati vennero lasciati liberi di istituire un regime di apartheid e di terrore che avrebbe insanguinato la storia con cento anni di linciaggi, violenze e segregazionismo.

Le discriminazioni istituzionalizzate dai regimi noti come Jim Crow non cominciarono ad essere abolite che un secolo più tardi con il movimento per i diritti civili degli anni 50 e 60 del novecento. Il fermento di quella stagione ed il movimento guidato da Martin Luther King, ristabilirono il ruolo del governo nel sanare fratture sistemiche derivanti dal retaggio discriminatorio. Paradigmatica, ad esempio, la spinta per integrare le scuole mediante il busing, il trasporto di studenti da quartieri disagiati a distretti più privilegiati nell’interesse comune di scolaresche più rappresentative delle effettive percentuali etniche e di classe. Non furono allora solo le amministrazioni Kennedy e Johnson a presumere un valore pubblico nel riequilibrio, ma anche quella di Nixon e le successive.

L’attuale recrudescenza conservatrice mira ad invertire la rotta e smantellare l’impianto liberale di cui allora furono poste le basi. La prima avvisaglia si è avuta nel 2013 quando la Corte Suprema invalidò, non a caso, alcune componenti fondamentali proprio del Voting Rights Act. Tolte le garanzie federali, molti stati ex confederati ripresero immediatamente l’antico copione, imponendo ostacoli procedurali, volti ad inibire l’afflusso di votanti in distretti neri ed ispanici, tradizionalmente favorevoli ai democratici. L’avvento del trumpismo ha in seguito permesso l’accelerazione del processo.

La Costituzione prevede che i togati della Corte vengano nominati a vita dai presidenti in carica, l’alternanza politica dovrebbe garantire sul lungo termine un equilibrio ideologico nelle sentenze. La “conquista” conservatrice del massimo tribunale è iniziata con il boicottaggio repubblicano di una nomina che spettava ad Obama, quella per sostituire il reaganista Antonin Scalia nel 2016. Trump ha successivamente potuto invece selezionare ben tre nominativi dalla lista compilata dalla Federalist Society, associazione che funge come una sorta di “opus dei” della magistratura, stilando una lista di candidati dalle comprovate credenziali conservatrici, da cui da anni hanno attinto i presidenti repubblicani per le nomine dei togati. I sei giudici che compongono l’attuale super maggioranza della Corte appartengono tutti a quella associazione.

La presa di posizione sempre più politica della Corte ha precipitato la crisi di credibilità del tribunale come organo costituzionale super partes, per il modo proditorio con cui è stata conquistata la super maggioranza conservatrice nonché per una serie di scandali che hanno di recente coinvolto alcuni dei togati più estremisti.

Una dettagliata indagine del consorzio di giornalismo investigativo Pro Publica, ha rivelato ad esempio che il giudice Clarence Thomas è stato ospite di vari esotici viaggi all-inclusive a bordo di aerei privati, lussuosi yacht e in tenute offerte da Harlan Crow miliardario e professato “anti-marxista” di Dallas. Alcune immagini (compreso un grande ritratto ad olio) ritraggono Thomas in compagnia di Leonard Leo - il fondatore della Federalist Society. Il collega Samuel Alito, affidabile autore delle sentenze più reazionarie, ha ugualmente accettato “passaggi” su jet privati offerti gentilmente da Paul Singer, mecenate repubblicano titolare di un fondo di investimenti coinvolto i più di una questione passata al vaglio degli stessi togati.

La Corte così composta ricopre un ruolo sempre più importante nell’involuzione politica del paese, guidando una rottamazione commissionata dagli interessi economici dell’oligarchia e sdoganando istanze di matrice integralista (tutti e sei i togati conservatori sono di professata fede cattolica). Al contempo i sondaggi rivelano che il ridimensionamento dei diritti è regolarmente contrario all’opinione pubblica (i 61% ad esempio favorisce il ripristino del diritto ad abortire).

È questo il terreno su cui è destinato a svilupparsi lo scontro politico in vista prossime elezioni, con il potere giudiziario e la Corte suprema in un ruolo primario di ago della bilancia, un ruolo ingigantito dallo stallo in cui versano i poteri esecutivi e legislativi. In questo ambito la Corte promette di ricoprire un ruolo di forza retrograda come non ha fatto dai tempi in cui ostacolava le riforme del New Deal. Allora, Franklin Roosevelt tentò una riforma radicale che avrebbe raddoppiato il numero di togati (e lasciato a lui la maggioranza delle nomine). È una soluzione che molti a sinistra guardano anche oggi. È altamente improbabile, tuttavia, che una simile “opzione nucleare” possa essere implementata da Joe Biden.