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di Alessandro Fioroni

Il Dubbio, 28 gennaio 2024

Il detenuto è stato giustiziato in Alabama con l’azoto, il primo nella storia degli Usa. Durissima condanna dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. A niente sono valsi gli appelli per sospendere l’esecuzione presentati in extremis dagli avvocati di Kenneth Eugene Smith. Così, giovedì sera intorno alle ore venti, l’uomo è diventato il primo condannato a morte nella storia Usa a venire giustiziato con l’immissione di azoto attraverso una maschera. Una “cavia” come ha denunciato l’alto commissario dell’Onu per i diritti umani.

La cronaca degli ultimi istanti di vita di Smith è drammatica. A cominciare dalle sue ultime parole: “l’Alabama ha fatto fare un passo indietro all’umanità”. Dopo che il gas ha iniziato a fluire nella sua maschera, il detenuto è sembrato sorridere, e fatto un cenno verso la sua famiglia avrebbe sussurrato: “Grazie per avermi sostenuto. Vi ho amato tutti” Un testimone ha riferito che subito dopo Smith ha sussultato violentemente sulla barella, l’esecuzione è durata in tutto circa 25 minuti. Uno dei cinque membri dei media trasportati all’Holman Correctional Facility di Atmore per assistere all’esecuzione ha ammesso che si è trattato di una scena diversa da qualsiasi altra a cui avesse assistito in Alabama.

Respirare azoto senza ossigeno provoca la rottura delle cellule del corpo e porta alla morte. Il governatore dell’Alabama, Kay Ivey, che non ha voluto essere presente, ha confermato la morte di Smith solo in una dichiarazione: “Dopo più di 30 anni e un tentativo dopo l’altro di ingannare il sistema, il signor Smith ha risposto per i suoi orrendi crimini. Prego che la famiglia di Elizabeth Sennett possa avere una fine al dolore dopo tutti questi anni passati a gestire quella grande perdita”.

Smith fu uno dei due uomini condannati per l’omicidio della donna, un assassinio su commissione per 1000 dollari nel marzo 1988. La 45enne venne picchiata con un attizzatoio e pugnalata al petto e al collo, poi fu inscenato un tentativo di furto con scasso. In realtà suo marito Charles Sennett, un predicatore oberato dai debiti, aveva orchestrato il piano per ricevere i soldi dell’assicurazione. Si è ucciso mentre gli investigatori si avvicinavano alla verità.

Eugene Kenneth Smith ha trascorso decenni nel braccio della morte dell’Holman Correctional Facility mentre l’altro sicario John Forrest Parker, è stato giustiziato nel 2010. Al processo Smith ha ammesso di essere stato presente quando la vittima è stata uccisa, ma ha detto di non aver preso parte all’aggressione. La giuria che lo condannò aveva votato a favore dell’ergastolo, ma il giudice annullò la decisione infliggendo la pena capitale. Il team legale di Smith ha detto di essere profondamente rattristato dalla sua esecuzione, osservando proprio che la giuria nel suo caso aveva votato per risparmiargli la vita.

Gli avvocati della difesa avevano presentato appelli anche sulla base di un articolo di legge che impedisce esecuzioni con metodi crudeli, una tesi ovviamente respinta dalla Corte Suprema e dalle autorità dell’Alabama. Giovedì sera, i giudici hanno negato una sospensione. Solo i tre liberali hanno dissentito dalla sentenza voluta della maggioranza a guida conservatrice. Ora il caso è approdato anche alle Nazioni Unite.

La scorsa settimana, l’Alto Commissario ONU per i diritti umani ha sollecitato un ripensamento, affermando che la gassazione di Smith poteva equivalere a tortura o altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti secondo il diritto internazionale. Non la pensano così in Alabama. Il procuratore generale Steve Marshall ha affermato che la psicosi da azoto si è dimostrata “un metodo di esecuzione efficace e umano, confutando le terribili previsioni degli attivisti e dei media. Giustizia è stata fatta”. Secondo il commissario dell’Alabama Corrections, John Hamm, lo scuotimento di Smith sulla barella sembrava essere un movimento involontario. “Era tutto previsto ed era negli effetti collaterali che abbiamo visto o studiato sull’ipossia da azoto”, ha detto Hamm. “Niente fuori dall’ordinario rispetto a quello che ci aspettavamo”.