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di Massimo Gaggi

Corriere della Sera, 7 luglio 2023

Negli Usa l’unico intervento pubblico sulle piattaforme social è stato bloccato da una decisione senza precedenti di un magistrato che interpreta in modo ultraradicale il Primo emendamento della Costituzione. Nell’era delle reti sociali decisive per l’informazione e la formazione delle opinioni dei cittadini in tutti i campi, dalla politica alla salute, all’ambiente, negli Usa l’unico intervento pubblico - le agenzie federali che segnalano i casi più gravi di disinformazione o i tentativi di destabilizzare diffondendo teorie cospirative e chiedono alle piattaforme di correre ai ripari - viene ora bloccato da una decisione senza precedenti di un magistrato americano.

L’ingiunzione con la quale Terry Doughty, giudice federale della Louisiana nominato nel 2018 da Donald Trump, ha vietato alla Casa Bianca e tutte le agenzie federali (da quella sanitaria, la Cdc, a quella per la cybersecurity) anche solo di parlare di contenuti immessi in rete con Facebook, Twitter, YouTube e gli altri social, non ha suscitato grande clamore: la complessità della questione e le sue implicazioni tecniche e giuridiche la rendono un tema assai poco sexy per la stampa.

Eppure la drastica decisione di un giudice che, pur non essendo ancora intervenuto nel merito del caso sollevato dai procuratori (trumpiani) di due Stati del profondo Sud conservatore (Louisiana e Missouri), ha comunque bloccato tutto, nel giro di 48 ore ha già provocato le prime conseguenze come la cancellazione di un incontro tra Dipartimento di Stato e piattaforme sulle minacce di destabilizzazione causate da offensive informatiche lanciate da avversari stranieri degli Stati Uniti.

In un campo, quello del deterioramento della civiltà e della veridicità del discorso pubblico dovuto alla totale irresponsabilità delle reti sociali per i contenuti da loro diffusi (con conseguente indebolimento della democrazia), il pronunciamento ideologico di questo magistrato che interpreta in modo ultraradicale il Primo emendamento della Costituzione Usa (che garantisce l’assoluta libertà d’espressione) rischia di spazzare via il poco che l’Amministrazione era riuscita a fare, in mancanza di regole, almeno a livello di consultazione.

Se passa la tesi del ricorso - l’intervento della Casa Bianca considerato comunque coercitivo perché dietro ci sarebbe una ventilata minaccia di mettere limiti - rimarrà solo l’autoregolamentazione di social privati per nulla interessati a usare filtri che danneggiano il business; e che, quando ne hanno introdotto qualcuno, sono stati bollati da Trump come censori.