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di Marina Catucci

Il Manifesto, 12 settembre 2023

Patteggiamento in vista per Khalid Sheikh Mohammed, detenuto a Guantanamo da 11 anni. Due decenni dopo la loro cattura, la commissione militare statunitense Trial of the Century, il “processo del secolo” contro i cinque accusati degli attacchi dell’11 settembre, è tornata ad occuparsi degli imputati.

Degli annunci erano previsti a luglio, poi c’è stato un ritardo nelle udienze preliminari, ma in agosto è arrivata la notizia bomba: il dipartimento della Difesa ha rivelato che i procuratori dell’ufficio delle Commissioni Militari stanno prendendo in considerazione un patteggiamento che esclude la pena di morte per Khalid Sheikh Mohammed, la mente del complotto dell’11 settembre, e di 4 dei suoi presunti complici, in cambio di un’ammissione di colpevolezza.

Al momento non è stato ancora finalizzato nessun accordo preliminare - “e potrebbe non essere mai siglato” - con i 5 uomini detenuti nella prigione militare statunitense di Guantánamo Bay, a Cuba, come si legge nella lettera che il Pentagono ha inviato ai sopravvissuti e alle famiglie delle persone uccise negli attacchi. Ma la lettera dell’Office of Military Commissions - Convening Authority, il tribunale militare che si occupa di diritto di guerra e reati commessi contro gli Usa da nemici stranieri, li ha avvertiti che c’è la possibilità reale di giungere a “un accordo s che in sede di sentenza escluda la possibilità di ricorrere alla pena di morte”.

Quando lo scorso agosto i sopravvissuti e i familiari delle vittime erano stati avvisati, la loro rabbia aveva contagiato anche il presidente Biden, che si era espresso contro questa possibilità. Il fatto è che da 11 anni Khalid Sheikh Mohammed è detenuto a Guantanamo e il processo non si può tenere perché la sua confessione, in cui ammette di essere stato la mente del complotto, è avvenuta in uno dei “siti neri” della Cia, dove l’uomo è stato sottoposto a tortura, che rende la sua confessione inammissibile in tribunale.

Alcuni familiari delle quasi 3.000 persone uccise nell’attacco alle torri gemelle hanno espresso indignazione per la prospettiva di chiudere il caso in questo modo. I pubblici ministeri militari si sono impegnati a prendere in considerazione le loro opinioni e a presentarle alle autorità che prenderanno la decisione finale sull’ accettazione di qualsiasi patteggiamento.

Al momento il processo per i 4 dirottamenti suicidi dell’11 settembre è sospeso e le condizioni i mentali di uno degli imputati, compromesse dalla tortura, sono sotto osservazione.

Le udienze riprenderanno il 18 settembre. I 5 imputati sono stati catturati in tempi e luoghi diversi tra il 2002 e il 2003 e inviati a Guantanamo per il processo nel 2006. Il caso è stato rallentato da una serie di dimissioni, sia di giudici che di avvocati difensori, ed è ancora fermo alle fasi preliminari. Il grosso nodo che continua a bloccarlo è proprio l’uso disinvolto che gli Usa fecero della tortura, e la possibilità o meno di utilizzare le confessioni che gli imputati hanno rilasciato. Dagli atti si evince che il principale imputato del processo per l’11 settembre, Mohammed, è stato sottoposto dalla Cia a waterboarding per 183 volte.