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di Daniele Zaccaria

Il Dubbio, 7 settembre 2023

Leonard Mack fu condannato per stupro nel 1975: scagionato dalla prova del Dna. Quando Mimi Rocah, procuratrice distrettuale di Westchester, si è scusata a nome dello Stato per “i danni incalcolabili” provocati dall’ingiusta condanna, lamentando i “fallimenti del sistema penale statunitense” il 72enne Leonard Mack è scoppiato in lacrime come un bambino: “Per 48 anni, 48 lunghi anni, ho camminato in questa società bollato come stupratore quando sapevo di non esserlo. Ora che questo giorno è arrivato ringrazio semplicemente Dio. Ringrazio Dio che finalmente la verità sia venuta fuori. Ora posso davvero dire essere veramente libero”.

C’è infatti voluto mezzo secolo perché l’afroamericano Mack ottenesse giustizia in quello che è stato l’errore giudiziario più longevo della storia recente. Disfunzioni, pregiudizi, superficialità e sciatteria, il caso che riassume tutte le tare che affliggono la macchina penale negli Stati Uniti e che portano a condanne ingiuste, dall’errata identificazione del responsabile da parte dei testimoni oculari, ai metodi scorretti della polizia, all’inconsistenza delle prove forensi, fino al bias razziale che ha portato a ignorare tutti gli elementi a favore della difesa.

Quando fu arrestato era il maggio 1975, lui veterano della guerra in Vietnam viene accusato di aver violentato un’adolescente in un’area boscosa del golf club di Greenbourgh, circa 25 miglia a nord-est di Manhattan. La ragazza è stata aggredita assieme a una sua amica da un uomo che l’ha legata, imbavagliata e infine abusato di lei per poi darsi alla fuga. La descrizione dell’aggressore corrisponde a un giovane di colore che indossava un cappello a tesa larga e con un vistoso orecchino. Mack viene fermato due ore dopo a cinque miglia dal luogo della violenza in un controllo stradale. Gli agenti di polizia sembrano convinti di aver trovato il fuggiasco, così lo mettono a confronto con l’amica della vittima la quale dichiara di riconoscerlo. Lo portano in centrale per l’identificazione ufficiale che avviene da dietro un vetro e a quel punto succede una cosa gravissima. Gli agenti infatti gli cambiano i vestiti per farlo corrispondere con maggior precisione alla descrizione iniziale, quella fatta a caldo dalla ragazza violentata. Che manifestamente non ricorda il volto dell’aggressore ma in compenso afferma di riconoscerne la voce.

Ma Leonard Mack aveva un alibi: all’ora dell’aggressione era in un’officina assieme alla sua ragazza e a due meccanici per la riparazione della sua auto. Alibi che è stato bellamente ignorato, come l’identificazione giudicata “inammissibile” dallo stesso tribunale senza però mai trasmettere quest’informazione alla giuria. Durante il processo gli avvocati di Mack portano a testimoniare un sierologo per dimostrare che le tracce biologiche presenti sulla biancheria intima della ragazza appartenevano a un individuo con un altro gruppo sanguigno, ma l’accusa gli contrappone un perito forense della contea che, erroneamente, giudica le tracce compatibili. All’epoca non esisteva ancora la prova del Dna, la stessa che dopo decenni ha permesso di rendere giustizia a Leonard Mack, scagionandolo completamente. Alla fine del processo viene condannato a una pena tra 7 e 15 anni di reclusione (uscirà dopo sette per buona condotta).

Rimane per tre anni in libertà vigilata, lavorando come giardiniere in un club di golf. Anche se la prigione è ormai alle sue spalle, non si sente libero, vuole essere riabilitato, vuole che quell’odiosa nomea di stupratore venga cancellata per sempre e così inizia una lunghissima battaglia legale che per decenni non dà alcun esito.

Ma è grazie agli avvocati di The Innocence project - un gruppo legale specializzato nello scovare i tnati, troppi errori giudiziari che ogni anno vengono commessi oltreoceano- che nel 2020 Mack riesce a ottenere la revisione del processo e l’annullamento di una condanna fondata su testimonianze inattendibili. Decisiva l’analisi del Dna: le tracce sulla biancheria intima corrispondevano infatti a quelle di un uomo condannato per una violenza sessuale nel Queens due settimane dopo i fatti di Greenburgh Come spiega l’avvocata Susan Friedman che ha lottato anni insieme a Mack per ottenere giustizia “L’impatto dell’errata identificazione dei testimoni oculari è il principale fattore che contribuisce alle condanne errate con un’incidenza del 65%”.