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di Riccardo Noury*

Corriere della Sera, 3 settembre 2024

Nel luglio 2021 Merrick Garland, procuratore generale degli Usa, annunciò una moratoria - ancora in vigore - sulle esecuzioni federali, ufficialmente per esaminare i protocolli usati per mettere a morte i condannati alla pena capitale. In realtà, era fresco il ricordo della scia di sangue lasciata da Donald Trump: 13 esecuzioni federali durante il suo mandato, mai così tante da120 anni ad allora, tutte negli ultimi sette mesi del suo mandato; tre addirittura nel gennaio 2021, nel periodo di transizione alla presidenza Biden, in violazione di una prassi che aveva retto 132 anni.

Quella scia di sangue rischia di ripetersi nel caso in cui Trump sarà rieletto alla Casa bianca: cancellare la moratoria e ripristinare le esecuzioni federali “una delle prime priorità”. Secondo Trump, la pena di morte è un’arma efficace contro il traffico di droga. Non è chiaro a quali fonti abbia attinto per giungere a questa conclusione o se abbia intenzione di seguire il fallimentare, e terribilmente sanguinoso, esempio dell’Iran: chi si occupa di politiche di deterrenza la pensa diversamente.

*Portavoce di Amnesty International Italia