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di Giusi Fasano

Corriere della Sera, 12 gennaio 2024

L’ex comandante del Ris: “Il campionamento fu perfetto. L’assenza di tracce degli accusati sulla scena del crimine? Va detto che era molto compromessa dalle fiamme e dal materiale usato dai vigili del fuoco”. A dicembre del 2006 al comando del Ris c’era il generale Luciano Garofano. Lui e i suoi uomini passarono giornate intere a raccogliere reperti nella casa della strage di Erba, nell’appartamento di Olindo Romano e Rosa Bazzi e nel loro camper.

Generale, lei è fra i colpevolisti, giusto?

“Sì, perché credo alla valenza scientifica della traccia ematica trovata sull’auto di Olindo, una traccia analizzata con precisione dal professor Previderè: era il sangue di una delle vittime, Valeria Cherubini. Su quella traccia mi pare che oggi conti molto la difesa. Secondo loro è un elemento chiave per la revisione. Ma ci terrei a dire che è già stato detto molto sull’argomento: già in primo grado la sentenza dedica venti pagine a questo tema, affronta e smonta il problema di una eventuale contaminazione sollevato dalle difese, parla delle operazioni che vanno dall’individuazione alla consegna della traccia al professor Previderè. Insomma: è già tutto scritto”.

E gli altri elementi che l’accusa oggi porta in dote nel processo di revisione?

“Io parlo per la parte che riguarda le mie competenze. Le confessioni degli imputati e la testimonianza di Frigerio non sono materie mie”.

Quindi la traccia di sangue sull’auto di Olindo secondo lei sarebbe di suo sufficiente per una condanna?

“Sì. Il profilo emerso dalla traccia era netto, buono. E non è vero che una traccia invisibile all’occhio umano non possa dare un profilo completo. Non me la sento di dire che ci può essere stato uno scambio di reperti e men che mai direi che si sono inventati una traccia. Questo mi rifiuto anche solo di pensarlo”.

Perché non fu il Ris a esaminare l’auto di Olindo?

“Perché l’auto non era più nella corte di Erba quando noi siamo intervenuti. Era stata portata in caserma. La traccia ematica fu rinvenuta dal brigadiere Fadda il 26 dicembre con una ricerca classica: prima un esame visivo, poi luci forensi e poi il luminol. Raccolsero quattro tracce, la numero 3 sul battitacco si rivelò sangue umano”.

La difesa di Olindo e Rosa chiama in causa le modalità con cui la macchia ematica è stata individuata, raccolta, classificata...

“Non li giustifico completamente ma purtroppo può capitare che nei reparti minori dell’Arma che non sono i Ris si possano fare operazioni non tutte corrette. Ma il campionamento e il repertamento di quella traccia sono stati precisi e perfetti, quindi la valenza scientifica resta”.

Lei fu citato come teste della difesa e non dell’accusa. Perché?

“Perché noi non trovammo tracce biologiche o impronte digitali degli accusati a casa delle vittime né tracce delle vittime nelle pertinenze degli accusati. Per la pubblica accusa questo esito non aveva valenza e invece gli avvocati della difesa hanno ritenuto che ne avesse per loro. Io ho semplicemente riferito in aula, con l’onestà che dovevo, i risultati di quel che avevamo accertato”.

Secondo lei come si spiega quell’assenza di tracce?

“Va detto che la scena del crimine era molto compromessa dalle fiamme e dal materiale usato poi dai vigili del fuoco. Per quel che riguarda loro non possiamo escludere che abbiano predisposto tutto e si siano cambiati d’abito come loro stessi avevano detto prima di ritrattare la confessione”.