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di Giusi Fasano

Corriere della Sera, 12 gennaio 2024

La pista è già stata esclusa dalla Cassazione. Rosa e il marito Olindo dal carcere: siamo innocenti. Testimoni. Nuovi e usati. Gente che dovrebbe venire in aula, a Brescia il 1° marzo, a scagionare Olindo Romano e Rosa Bazzi dall’accusa di essere gli assassini che la sera dell’11 dicembre 2006 uccisero a colpi di coltello e spranghe Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, sua madre Paola e la sua vicina, Valeria Cherubini. Dopo la decisione di riaprire il processo, i loro avvocati ci credono molto. Fabio Schembri, fra loro da sempre il più attivo per provare l’innocenza dei due ergastolani, è certo che anche questo tassello delle “nuove testimonianze” - pur non essendo il più importante - servirà a comporre il puzzle dell’assoluzione e a guardare, dopo più di 17 anni, in direzione della faida: una guerra fra un gruppo di marocchini e i rivali tunisini, a cui apparteneva anche il marito di Raffaella, Azouz Marzouk. Motivo: droga.

Ma, come dicevamo, parte di quei testi sono già stati sentiti e nessuna delle tre sentenze emesse fin qui li ha ritenuti di una qualche importanza. Poi ce ne sono altri che magari hanno messo piede in un’aula di giustizia ma da imputati, mai da testimoni del caso Erba, e altri ancora dalla fedina penale pulita. Di questi ultimi fa certamente parte l’allora capitano dei carabinieri di Erba, Beveroni, che nel libro dei sogni della difesa dovrebbe raccontare di come il suo luogotenente, il maresciallo Gallorini, “indusse” in un “falso ricordo” il testimone oculare della strage, Mario Frigerio, suggerendogli il nome di Olindo e condizionando, è l’ipotesi delle difese, l’intero percorso dell’inchiesta.

La Cassazione - Percorso che invece a loro dire porta fuori pista perché la pista giusta sarebbe quella di Azouz e della droga. E poco importa se nella sentenza della Cassazione che ha confermato l’ergastolo per Olindo e Rosa c’è scritto che “gli accertamenti condotti hanno escluso che Marzouk avesse conti in sospeso con ambienti della malavita” e che “non si può ritenere fondata l’ipotesi di una vendetta della malavita organizzata contro Marzouk, laddove la malavita avrebbe usato ben altre armi per raggiungere lo stesso risultato”. Fra i testimoni che dovrebbero contribuire alla libertà di Olindo e Rosa c’è Abdi Kais, nome nuovo di pacca un tempo in affari con Azouz a suon di stupefacenti, che è diventato suo compagno di cella e che si è ricordato di quella volta che Azouz gli disse, in sostanza, “sono tanto preoccupato per mia moglie e mio figlio. Quando esci dacci un occhio tu, per favore”. Altro teste inedito è Giovanni Tartaglia, ex maresciallo congedato con disonore dall’Arma dopo una condanna per circonvenzione di incapace (portò via decine di migliaia di euro a una pensionata) e concussione (si inventò un incidente per avere soldi da un pensionato).

Lui magari non sa che l’azienda delle intercettazioni purtroppo non fu avvisata del cambio di letto di Frigerio, e quindi è probabile che venga in aula a raccontare “strani” buchi temporali nelle intercettazioni ambientali in ospedale, ipotizzando che la società delle intercettazioni avrebbe a che fare con inquirenti del caso Erba. Peccato però che citi la società sbagliata.

Poi ci sono i testi Fabrizio Manzeni, vicino di Olindo e Rosa, e un nordafricano che “ha dato generalità false quando è stato sentito a verbale: Chemcoum invece di Lofti”, come dice l’avvocato Schembri. Raccontano entrambi di extracomunitari attorno alla corte la sera della strage (Lofti parla inoltre di un furgone bianco). Ma anche qui: la Cassazione sul loro conto ha scritto, nel capitolo “pista alternativa”, che diedero “indicazioni generiche”.

Ieri Olindo e Rosa hanno scritto al Tg1. “Siamo innocenti. Non passa giorno che non pensiamo alle povere vittime di una strage ancora senza colpevoli”. Sulla pista alternativa: “È troppo brutto far uscire la verità che può trattarsi di criminali che hanno fatto tutto questo per la droga?”. Si definiscono “due persone semplici”, “chiusi in cella per due giorni, senza capire cosa stava succedendo”. Poi quei due carabinieri “mi hanno fatto una testa così - scrive Olindo - dicendo che era meglio confessare perché avremmo avuto un forte sconto di pena”. Prossima tappa il 1° marzo.