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di Michele Farina

Corriere della Sera, 15 giugno 2023

Il barcone partito dalla Libia è affondato al largo della Grecia: 79 corpi recuperati, almeno 500 dispersi. La tragedia è avvenuta nell’area dove il Mar Mediterraneo è più profondo. Abisso Calipso: un vecchio peschereccio di metallo con centinaia di persone a bordo si è ribaltato ed è affondato verso il Mar Ionio quando ancora era buio, nella notte tra martedì e mercoledì, vicino al punto dove il Mediterraneo si fa più profondo e porta il nome della ninfa che amò e nascose Ulisse, in acque internazionali ovvero di tutti e di nessuno (ma il Paese più vicino è la Grecia), a una settantina di chilometri a sud ovest della mitica Pylos dove nell’Odissea il figlio Telemaco andò a cercare notizie del naufrago forse più famoso della storia.

Per tutta la giornata di ieri è andata crescendo la conta dei naufraghi senza nome e senza vita recuperati dalle navi di soccorso greche. Al mattino sembravano solo trenta, poi il bilancio è salito: cinquanta, poi settantanove. Mentre la conta dei salvati si è paurosamente inchiodata a una cifra che a sera inoltrata sembrava definitiva: 104 persone ce l’hanno fatta, tutti uomini, in prevalenza giovani ventenni, fra cui 30 egiziani, 10 pachistani, 35 siriani, 2 palestinesi. È dai primi racconti dei sopravvissuti, condotti a terra nel porto di Kalamata nel Sud del Peloponneso (35 ricoverati per ipotermia), che sono arrivate le notizie di prima mano, di primo dolore, sull’ultima tragedia dei migranti nel Mare Nostrum: il peschereccio era partito da Tobruk, nella Libia orientale controllata dalle forze del generale Kalifa Haftar, ed era diretto in Italia, probabilmente verso le coste della Calabria. A bordo c’erano dalle 500 alle 700 persone. Nella stiva donne e bambini. “Continueremo ad operare per tutta la notte con l’assistenza dei C-130 dell’Aeronautica Militare”, diceva ieri sera Nikolaos Alexiou, portavoce della Guardia costiera greca, nella tardiva speranza di poter individuare qualche naufrago ancora in vita, o comunque i corpi dei morti da restituire alla terra se non alle famiglie. Ma se centinaia erano sul barcone, allora vuole dire che la maggior parte di loro non sarà recuperata: inghiottiti dal mare intorno al cosiddetto Abisso Calipso, quella fossa circolare di 50 km di diametro a oltre 5.100 metri sotto il livello del mare. Laggiù, dove arrivano solo rare spedizioni di scienziati o di ricchi esploratori, si deve essere posato da qualche parte il relitto dei migranti.

Non un vascello fantasma: il barcone era stato segnalato da un aereo dell’agenzia europea Frontex martedì sera. Il primo appello nel pomeriggio da Alarm Phone, ombrello di ong che fornisce una sorta di numero verde a naviganti in difficoltà. Dal barcone arrivano voci sempre più allarmate. Secondo la ricostruzione della Guardia costiera di Atene, due mercantili presenti nella zona forniscono cibo e acqua ai migranti in difficoltà. Ma il peschereccio sovraccarico prosegue la sua rotta. Sempre secondo la versione di Atene, un mezzo della guardia greca lo raggiunge in serata, confermando tanti migranti sul ponte “e il rifiuto a ogni offerta di aiuto”. Fino a che, nelle prime ore dell’alba, il barcone affonda con il suo carico di vite.

A quel punto è allarme generale: Atene fa arrivare sul posto sei navi, una fregata, un elicottero, un aereo da trasporto, mentre un drone dell’agenzia Frontex sorvola l’area. Centoquattro persone salvate. Comincia la conta delle salme, e la stima dei dispersi per quello che si annuncia come il peggior naufragio dal 2015 (un altro peschereccio a picco al largo della Libia, 1.100 persone a bordo e solo 28 in salvo). Comincia anche la corsa dell’indignazione e dell’”ora basta” (dal segretario dell’Onu Guterres alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen), come accadde già a febbraio per la strage di Cutro. Anche allora il barcone fu inutilmente individuato prima della tragedia. Questa volta nessuna fila di corpi sotto lenzuoli bianchi: il mare li avvolgerà per sempre nell’abisso di Calipso.