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di Roberta Polese

Corriere della Sera, 17 giugno 2022

Otto denunce, per l’unica accolta processo dopo sette anni. La corte europea: “Violazione dell’articolo 3 della convenzione dei diritti umani”. La Corte europea dei diritti dell’uomo lo ha chiamato l’”affaire De Giorgi”: 27 pagine di istruttoria e quattro di sentenza. Verdetto: Strasburgo ha condannato lo Stato italiano per non aver protetto una donna padovana che aveva più volte denunciato l’ex marito che era stato violento con lei e con i suoi tre figli. “Violazione dell’articolo 3 della convenzione dei diritti umani”, quello che punisce i paesi che applicano la tortura e trattamenti disumani e degradanti, lo Stato italiano dovrà risarcire Silvia De Giorgi, 44 anni, con 10mila euro, più le spese legali.

Tempi lunghi - “Leggo ogni giorno di donne uccise da uomini violenti, ma so bene quello che le donne devono passare quando denunciano: non vengono credute, vengono abbandonate al loro destino - commenta Silvia, designer che oggi vive a Milano con i suoi tre ragazzi - io avevo denunciato il mio ex otto volte perché mi picchiava e mi spiava con registratori dappertutto, sono finita in ospedale, una sola denuncia è stata accolta, la prima udienza davanti al giudice si terrà tra pochi giorni, ha alzato le mani anche sui miei figli, i carabinieri che raccoglievano le mie testimonianze le facevano cadere nel vuoto, non sono stata creduta”.

Nel 2019 Silvia, vedendo che tutte le sue denunce non portavano a niente, e sentendosi inascoltata dalla giustizia italiana, si è affidata all’avvocato Marcello Stellin di Treviso, e ha presentato la sua istanza alla Corte di Strasburgo, che ieri le ha dato ragione. “Lo Stato italiano doveva proteggere la ricorrente e i suoi figli. Il modo in cui l’autorità italiana ha trattato Silvia Di Giorgi, l’eccessiva durata dell’istruttoria e in particolare la sua incapacità di condurre un’indagine efficace sulle accuse credibili della donna, hanno creato una situazione di impunità”.

L’iter - Silvia e il suo ex si erano sposati nel 2002, hanno avuto tre figli, ma nel 2010 i rapporti iniziano a incrinarsi. “Lavoravamo insieme nella sua azienda, non ero economicamente autonoma perché non avevo nemmeno un conto corrente mio, per cui nel 2013 il giudice della separazione ha stabilito che, visto che avevamo una casa grande, potevamo convivere, dividendo le stanze, è stato un inferno. Nel 2015 lui voleva costringermi a firmare un documento di vendita dell’azienda, quando gli ho detto di no mi ha minacciata di morte con un coltello, a quel punto sono scappata da mia suocera perché nel frattempo i rapporti con miei si erano interrotti anche per colpa del mio ex, e ho fatto denuncia. Tre giorni dopo è venuto sotto la casa dei miei suoceri e mi ha picchiata con un casco, sono finita in ospedale, nuova denuncia, ma tutto cade nella totale indifferenza dei carabinieri di Padova”.

“Mi sono sentita giudicata” - Passano i mesi, la causa per il divorzio va avanti, il marito di Laura non le passa il mantenimento dei figli, e in più la segnala ai servizi sociali. “Mi sono sentita sempre giudicata da tutti, anche dai Servizi sociali che quando hanno scoperto che il mio ex picchiava anche i figli mi hanno fatta sentire colpevole, “signora mia, lei doveva denunciare prima suo marito, non voleva bene ai suoi figli?”, nel frattempo le segnalazioni dei carabinieri sono finite sul tavolo del giudice del divorzio che ha stabilito che le violenze erano “normale conflittualità tra coniugi”, nessuna azione per proteggere me e i miei figli, anche quando i servizi sociali hanno denunciato i maltrattamenti sui ragazzi, ho detto basta, ho trovato l’avvocato Stellin e siamo andati fino in fondo”.

“Risultato non scontato” - Ora Silvia ha cambiato vita, se ne è andata da Padova ha un nuovo compagno e i ragazzi sono sereni. “Ma una cosa mi sento di dirla- chiude - a noi donne non crede nessuno, ci guardano con diffidenza, siamo solo l’ennesima donna che denuncia, altro che scarpe rosse, corriamo rischi enormi”. “Siamo molto soddisfatti - chiude l’avvocato Maurizio Stellin - è un risultato che non era per niente scontato, ma abbiamo vinto noi, la Corte ha accolto tutti i nostri rilievi”. Sullo sfondo restano tre donne morte per mano di ex violenti nelle ultime tre settimane. Anche le loro voci, come quelle di Silvia, erano rimaste inascoltate.