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di Alessandro Barbera

La Stampa, 11 gennaio 2024

Possibile la diffusione sui giornali solo se il giudice le mette agli atti. Anac: torni l’abuso d’ufficio. Il presidente dell’Autorità anticorruzione Giuseppe Busia, strenuo difensore dei controlli, la mette così: “Se la finalità è giusta, il mezzo è sbagliato”. La cancellazione del reato di abuso d’ufficio “lascia un vuoto normativo”, va “in direzione contraria all’Europa”, si corre il rischio che i magistrati, per fare giustizia, ipotizzino fattispecie di reato più gravi. Se fra i sindaci c’è la cosiddetta paura della firma - dice sempre Busia - la responsabilità è delle “norme poco chiare e dei mezzi scarsi per le amministrazioni”.

E però è vero che la storia ci consegna decine di casi discutibili, minori, in nove volte su dieci - secondo le stime dell’Associazione dei Comuni - finiti nel nulla. È accaduto al milanese Giuseppe Sala e a Giuseppe Falcomatà, quest’ultimo sospeso due anni dalla guida di Reggio Calabria per fatti “insussistenti”. Ci sono le accuse cadute contro gli ex sindaci di Torino Chiara Appendino e dell’agrigentino Marco Zambuto: indagato nel 2014 per abuso d’ufficio, si dimise per non essere colpito dalla legge Severino sull’incandidabilità. Quando fu assolto, non poté ripresentarsi per via di una norma regionale siciliana che lo vietava ai dimissionari. Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione, ha messo insieme un fascicolo con 150 casi. C’è il caso di Giacomo Scapin, sindaco di Ospedaletto, assolto nel 2021 per aver rimosso un volantino contro di lui dell’opposizione. O quello di Umberto Oppus, sindaco sardo di Mandas, indagato per aver utilizzato l’archivio storico comunale per scrivere un libro. O ancora c’è la vicenda del livornese Filippo Nogarin, finito nei guai per la trascrizione delle nozze di due uomini avvenuta alle Canarie.

Non c’è sindaco di grande città o governatore regionale che non sia stato indagato e poi assolto o archiviato per abuso d’ufficio. È capitato fra gli altri ad Attilio Fontana (Lombardia), Stefano Bonaccini (Emilia), al pugliese Michele Emiliano, al campano Vincenzo De Luca, è capitato agli ex presidenti di Lazio e Sicilia, Nicola Zingaretti e Rosario Crocetta. “Prima o poi saremo costretti a reintrodurre la fattispecie”, insiste Busia. La direttiva in discussione al Parlamento europeo è al momento arenata, se ne riparlerà dopo le elezioni di giugno e l’insediamento del nuovo emiciclo. Sia come sia, ad essere preoccupata di un vuoto normativo è anche la presidente leghista della commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno, che nella relazione introduttiva al disegno di legge Nordio ha chiesto di aggiungere questo inciso: “Resta ferma la possibilità di valutare in prospettiva specifici interventi addittivi con formulazioni circoscritte”.

La maggioranza nel frattempo tira dritto sulla riforma. Dopo aver approvato lunedì l’articolo uno che abolisce l’abuso d’ufficio e la breve seduta di ieri, oggi la commissione Giustizia del Senato riprenderà il voto sui singoli articoli. Si riparte dall’articolo due, che vieterà di pubblicare sui giornali intercettazioni su terze persone coinvolte nelle indagini, a meno che non siano espressamente citate nei provvedimenti dei giudici, che si tratti di ordinanze o decreti di sequestro.

Ieri il governo avrebbe dato parere favorevole a tre emendamenti di cui si discuterà questa mattina. Il primo, della leghista Erika Stefani, riguarda l’archivio digitale delle intercettazioni: affida al procuratore la tutela del segreto dei “dati personali relativi a soggetti diversi dalle parti”. La seconda proposta di modifica che sarebbe stata accolta è di Alfredo Bazoli del Partito democratico: prevede che l’interrogatorio di una persona sottoposta a indagini preliminari sia “documentato integralmente”, pena la sua inutilizzabilità. E infine ci sarebbe parere favorevole, pur se riformulato, ad un emendamento di Pierantonio Zanettin di Forza Italia che prevede la distruzione delle intercettazioni tra indagato e difensore. Già oggi non si possono usare nel processo, né pubblicare, restano però agli atti.