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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 4 luglio 2023

Bagni fatiscenti, trascurati e sporchi, dormitori senza arredi e materassi in pessime condizioni igieniche. L’assistenza sanitaria, soprattutto per la salute mentale, è problematica. Il diritto di difesa è compromesso a causa di regole e prassi problematiche. Queste sono alcune delle problematiche evidenziate nel documento del Garante nazionale delle persone private della libertà sui Centri di permanenza e rimpatri (Cpr), in base alle visite effettuate dai Garanti territoriali tra gennaio e marzo 2023.

La privazione della libertà dei migranti nei Cpr è un problema complesso che coinvolge diversi livelli di responsabilità: carenze legislative, mancanza di regolamentazione, criticità strutturali, opacità e inefficienze nella gestione. Il Garante nazionale ha dedicato gran parte delle sue attività alle visite periodiche, alla redazione di rapporti, alla raccolta e diffusione di dati, all’analisi e alla formulazione di pareri sulle strutture di detenzione amministrativa. Durante le visite, sono emerse numerose criticità. In primo luogo, si è constatata la mancanza di una base legale adeguata e delle relative garanzie per il trattamento dei migranti, di fatto detenuti. Attualmente, il quadro normativo offre poche protezioni e lascia ampia discrezionalità ai responsabili dei Cpr. Il Garante ritiene necessario un riesame normativo per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone coinvolte.

Un’altra critica riguarda la carenza di assistenza sanitaria effettiva all’interno dei Cpr. Sebbene la normativa assegni al sistema sanitario pubblico il compito di fornire cure adeguate, si riscontra una situazione di subordinazione nei confronti del Servizio sanitario nazionale. È indispensabile un controllo sistematico sulle condizioni igieniche e sanitarie dei Centri per assicurare il benessere delle persone ospitate. Il modello di gestione dei Cpr, che combina la sicurezza interna e i rimpatri affidati al settore pubblico con la gestione materiale affidata ai privati, si è dimostrato inefficace nel garantire una buona governance. Ci sono costanti conflitti tra le esigenze di sicurezza e la possibilità di svolgere attività durante il periodo di detenzione nei Centri. È necessario introdurre un ruolo di coordinamento e responsabilità che possa conciliare queste diverse esigenze e garantire sicurezza e tutela dei diritti.

Un’altra critica riguarda l’opacità del sistema dei Cpr rispetto all’esterno. La mancanza di trasparenza e comunicazione ha minato la legittimità e l’efficacia dei Centri. È fondamentale promuovere una comunicazione interna ed esterna che arricchisca la vita delle persone private della libertà e consenta la partecipazione di attori esterni, come associazioni e il Terzo settore, per migliorare la qualità della vita all’interno dei Cpr. Il documento evidenzia la necessità di un quadro normativo più solido, di un’effettiva tutela sanitaria, di una migliore gestione e di una maggiore trasparenza al fine di garantire i diritti fondamentali delle persone migranti private della libertà e migliorare la qualità della vita all’interno dei Cpr.

Strutture fatiscenti e carenza sanitaria - Per quanto riguarda le condizioni all’interno dei Centri, le strutture di pernottamento presentano una mancanza di arredi e una scarsa conservazione e igiene dei materassi e della biancheria. I bagni sono fatiscenti e sporchi, e mancano di porte o tende per separarli dal resto dell’ambiente. Queste condizioni sono considerate inaccettabili in un contesto che dovrebbe garantire la dignità umana, la riservatezza e l’igiene. Anche gli spazi destinati alla socialità, al culto, all’esercizio fisico e alle attività formative e culturali sono insufficienti e poco curati.

L’assistenza sanitaria all’interno dei Cpr rappresenta un’altra problematica rilevante. Sebbene il Servizio sanitario nazionale sia responsabile dell’accertamento preliminare delle condizioni di salute dei cittadini stranieri prima del loro ingresso nei Centri, l’assistenza sanitaria all’interno dei Cpr è affidata all’ente gestore anziché al Servizio sanitario nazionale. Durante le visite, è emerso che gli accertamenti sanitari si limitano alla verifica dell’assenza di malattie infettive, trascurando disturbi psichiatrici e altre patologie. Questo approccio limitato compromette il diritto alla salute delle persone straniere, specialmente per coloro che presentano disagio mentale o particolari vulnerabilità. Inoltre, il coordinamento tra i servizi sanitari dei Cpr e il Servizio sanitario nazionale è carente, il che influisce negativamente sull’assistenza alle persone detenute, soprattutto per quanto riguarda la salute mentale e le prestazioni specialistiche.

La mancanza di un adeguato scambio di informazioni comporta la mancata trasmissione della documentazione sanitaria delle persone trattenute e l’insufficiente presa in carico di specifiche condizioni mediche. Inoltre, sono state riscontrate difficoltà nella prescrizione e somministrazione di farmaci, con alcuni farmaci prescritti da medici esterni in modo inadeguato. Le raccomandazioni del Garante nazionale includono la necessità di affidare l’attestazione medica di idoneità all’ingresso e alla permanenza nei Cpr a medici del Servizio sanitario nazionale, basandosi su informazioni accurate sulla persona e sulla struttura di destinazione. È altrettanto importante migliorare il coordinamento tra i servizi sanitari interni ai Cpr e la rete dei servizi sanitari, specialmente per le persone vulnerabili. Si sottolinea inoltre l’importanza di una corretta trasmissione della documentazione sanitaria e di una adeguata presa in carico delle condizioni mediche.

Il ruolo fondamentale degli avvocati - Oltre alle condizioni materiali e sanitarie, il diritto di difesa rappresenta un elemento cruciale nelle procedure di rimpatrio. Secondo l’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’accesso effettivo a un’assistenza legale competente è una salvaguardia fondamentale per consentire alle persone coinvolte di esercitare il loro diritto a un rimedio giudiziario efficace, come stabilito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, nonché per accedere alla giustizia in generale. Inoltre, promuove l’applicazione legittima delle procedure di rimpatrio.

Eppure l’effettivo riconoscimento di tale diritto è compromesso da regole e prassi problematiche. Una delle criticità riguarda la disciplina della difesa d’ufficio, che il Garante nazionale sta affrontando attraverso una costruttiva interlocuzione con il Consiglio nazionale forense. Si richiamano i principi di immutabilità del difensore e di continuità dell’assistenza tecnico- giuridica, che devono essere attuati per proteggere tutte le persone private della libertà in ogni fase dell’applicazione della misura restrittiva.

Un altro aspetto preoccupante riguarda l’acquisizione non immediata o tempestiva della nomina di un avvocato di fiducia da parte dei cittadini stranieri trattenuti. Nonostante il regolamento dei Centri di permanenza e rimpatri preveda la registrazione tempestiva della nomina, anche se fatta verbalmente, ci sono segnalazioni che indicano che questa disposizione non viene sempre applicata correttamente. Di conseguenza, nonostante la nomina esplicita di un avvocato di fiducia, i cittadini stranieri si trovano difesi in udienza da un avvocato d’ufficio. Il Garante raccomanda che sia sempre garantita tempestivamente l’acquisizione della nomina di un difensore di fiducia, anche se resa verbalmente come previsto dal regolamento, e che siano adottate rapidamente le comunicazioni necessarie per formalizzare l’incarico e svolgere l’attività difensiva. Questo contribuirà a garantire che le persone coinvolte abbiano accesso effettivo a una difesa legale competente e che il loro diritto di difesa sia rispettato in ogni fase delle procedure di rimpatrio.

Il documento di sintesi sui Cpr mette in luce una serie di criticità che riguardano le condizioni materiali e sanitarie, nonché il diritto di difesa delle persone migranti private della libertà. Diverse sono le osservazioni che una politica lungimirante dovrebbe recepire. Nel frattempo ci si augura che il prossimo Garante nazionale, prosegua il lavoro ben fatto da Mauro Palma, Daniela de Robert e Emilia Rossi.