di Denis Barea
Corriere della Sera, 19 gennaio 2023
Nel frattempo si è laureato, ma per la motorizzazione “non ha i requisiti morali”. Uno studente modello, laureato con il massimo dei voti alla facoltà di economia dell’Università di Venezia, con una vita privata divisa fra gli amici, la fidanzata e la frequentazione di varie associazioni di volontariato. Insomma: il figlio che tutti vorrebbero. Ma nel passato di questo 25enne c’è un’ombra: due sentenze per spaccio di stupefacenti, una emessa nel 2016 e l’altra nel 2020 dalla procura di Pordenone. In entrambi i casi il ragazzo era stato trovato in possesso di una modesta quantità di marijuana che però gli investigatori ritennero fosse finalizzata allo spaccio. Per quei due fatti oggi il giovane non può chiedere la patente che gli serve per andare al lavoro che ha trovato a Padova. Mancherebbe infatti dei “requisiti morali” per accedere al foglio rosa. E questa mancanza di requisiti durerà almeno fino al 2028.
Ma andiamo con ordine: la vicenda racconta della serie intricata di guai giudiziari a cui il ragazzo e andato incontro nell’arco di quattro anni, fra il 2016 e il 2020, quando era studente. Il 25enne era stato prima coinvolto in una indagine della procura friulana relativa ad uno spaccio di stupefacenti perché trovato in possesso di una modesta quantità di cannabinoidi ed era stato condannato a 8 mesi. Il giovane, alla lettura della sentenza, però aveva beneficiato del cosiddetto “quinto comma”. Lo spaccio di droga infatti prevede il riconoscimento della lieve entità (appunto quinto comma dell’art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990) quando per qualità e quantità, la droga posseduta è considerata relativamente pericolosa. Insomma, la condanna non ha alcuna conseguenza pratica.
La segnalazione della Prefettura Messa alle spalle la “ragazzata”, nel 2019 il 25enne si presenta alla motorizzazione a Treviso per sostenere l’esame per la patente, dopo aver superato la prova teorica e aver conseguito il numero minimo di guide pratiche. E qui la sorpresa: gli uffici respingono la sua iscrizione. Il motivo? La prefettura di Pordenone lo aveva segnalato sulla base di una norma, a dire il vero scarsamente applicata, secondo la quale avendo una condanna per droga gli sarebbero mancati i “requisiti morali” per guidare la macchina.
Il ricorso dell’avvocato - Il giovane si rivolge allora all’avvocato trevigiano Salvatore Cianciafara che presenta ricorso, sottolineando come la condanna sia legata ad un fatto di lieve entità. Cianciafara vince una volta e poi una seconda, resistendo con successo al ricorso della Prefettura friulana. Sembra la fine dell’incubo del ragazzo, che si ripresenta alla motorizzazione trevigiana ma dagli uffici arriva un secondo stop. Spunta infatti un altro fattore ostativo: nel 2020 infatti c’era stata una seconda condanna, sempre per spaccio. La droga ancora una volta non era tanta e ancora una volta era stato applicato il “quinto comma” ma l’avvocato che l’aveva seguito nelle vicende penali aveva deciso di farlo patteggiare a 1 anno in continuazione con la precedente sentenza.
Riabilitazione: parere negativo - E si arriva quindi al 2021 quando, su consiglio dell’avvocato Cianciafara, il 25enne persegue la strada della riabilitazione, che scatterebbe dopo due anni dall’ultima sentenza. Ma l’autorità giudiziaria dà un nuovo parere negativo: il 25enne è infatti, per la legge italiana, un recidivo in quanto condannato due volte per la stessa tipologia di reato e i termini sono fissati non a due ma bensì a otto anni.
“L’accanimento della Prefettura di Pordenone - spiega Ciancafara - nasce dall’applicazione di una norma che praticamente nessuno in Italia utilizza, altrimenti ci sarebbe un esercito di persone, condannate per il possesso o lo spaccio di lievi quantità di droga, privo di patente. È un caso che appare assurdo e surreale, per quanto sia tutto perfettamente legale”.