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di Paolo Conti

Corriere della Sera, 11 novembre 2023

Lo studioso: “Parlando in termini di inconscio collettivo, in questo contesto tornano antichi sospetti, addirittura con sfumature paranoiche, nei confronti dell’ipotetico strapotere degli ebrei”. “I nostri adolescenti hanno un atteggiamento di opposizione verso quella parte del mondo che per loro è più potente e più dominante. Cioè l’Occidente. E questa loro posizione è più forte dell’ideologia stessa, cioè degli schieramenti politici internazionali. In Israele ragazze e ragazzi vedono uno Stato strutturato, ben armato, sostenuto dagli Stati Uniti, tecnologicamente avanzato, che appartiene a quella parte di mondo che loro vogliono combattere. Dall’altra parte, nella loro ottica, ci sono i palestinesi oppressi da Israele. Una realtà vista come povera, priva di risorse economiche, oppressa da Israele. È uno schema che ricorre in molti Paesi. Tutti abbiamo letto che cosa sta accadendo nei campus americani”.

Massimo Ammaniti, famoso psicoanalista e professore onorario di Psicopatologia dello sviluppo all’università Sapienza, offre una lettura non ideologica di un fenomeno visibile anche qui a Roma quanto nei campus universitari americani. Proprio alla Sapienza la facoltà di Scienze politiche è stata occupata dai collettivi studenteschi pro-Palestina. Ieri ha colpito molti lettori l’intervista rilasciata alla nostra Valeria Costantini dallo studente ventenne Federico Manetti, uno dei leader dei collettivi occupanti.

Generica opposizione all’Occidente - Parlando della strage del 7 ottobre di ragazzi che partecipavano a un rave, di fatto suoi coetanei, compiuta da Hamas ha risposto: “Terrorismo? Non so se possiamo definirlo così, il discorso è più complesso. Cioè la ritengo un’azione di resistenza... Anche il tema degli ostaggi, terribile certo, ma va sempre inserito in un metodo difensivo”. Dice Ammaniti: “Più che in termini di contrapposizione tra Islam contro mondo ebraico o mondo cristiano, parlerei proprio di contrapposizione verso l’Occidente come simbolo di un oppressivo potere mondiale. Come vediamo, lo stesso sta accadendo nelle grandi università Usa, addirittura a Harvard. È una dinamica tipicamente adolescenziale che si riflette in moltissime scelte di quell’età, persino in quelle marginali, come non rispettare il semaforo rosso pedonale. Addirittura quel segnale può apparire qualcosa di autoritario. In più, purtroppo molte posizioni di Netanyahu e la stessa situazione della Cisgiordania non aiutano”.

Antichi sospetti - Però, professor Ammaniti, emergono fattori molto pericolosi come l’antisemitismo: “Drammaticamente è così ed è, in qualche modo, la terribile conseguenza della contrapposizione all’Occidente. Parlando in termini di inconscio collettivo, in questo contesto tornano antichi sospetti, addirittura con sfumature paranoiche, nei confronti dell’ipotetico strapotere degli ebrei che, secondo queste deliranti analisi, avrebbero nelle loro mani il grande potere economico finanziario mondiale. Conosciamo i terribili slogan: “il sistema giudaico-plutocratico”, e via dicendo. Qui, com’è evidente, torniamo alla lotta a un potere mondiale, con queste spaventose implicazioni antisemite”.

Puntare sugli aspetti emotivi - Giorni fa, sul Corriere della Sera, Federico Rampini sosteneva che quei giovani sostenitori di Hamas, studenti degli atenei più ricchi degli Stati Uniti dovrebbero essere orripilati dal sessismo e dall’omofobia dei Paesi islamici. Ma cosa si può fare per proporre loro materiali di riflessione? “Certamente i documenti storici sulla Shoah. Ma secondo me bisognerebbe puntare di più sugli aspetti emotivi. Raccontare cosa accade in Iran, paese che sostiene Hamas, ai ragazzi che si battono per la libertà. E alle ragazze che si ribellano all’uso del chador, barbaramente ferite a morte dai Guardiani della rivoluzione. Lo stesso si può fare raccontando dei giovani israeliani che vivono in un clima di costante allarme in un Paese circondato da altre realtà ostili. È il processo di immedesimazione che può funzionare, molto più degli strumenti più tradizionali, come l’informazione così come la conosciamo”.