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La Repubblica, 17 dicembre 2023

Nazioni Unite: lo scoppio del conflitto a Khartoum ad aprile 2023 ha esasperato una crisi che in Darfur non è mai stata del tutto risolta. Nove milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere e circa quattromila sono state prese di mira o uccise a causa della loro etnia. Il Darfur sta tornando agli anni bui, quelli dei combattimenti brutali e delle atrocità che provocarono, venti anni fa, la morte di trecentomila persone e lo sfollamento di milioni di altre.

Il contesto storico. Il Darfur ospita circa ottanta tra tribù e gruppi etnici, comunità nomadi e stanziali. Sebbene i conflitti tribali ed etnici non siano mai mancati, la situazione si è aggravata nel 2003 quando i ribelli, in particolare l’Esercito di Liberazione del Sudan (SLA) e il Movimento per la Giustizia e l’Eguaglianza (JEM), hanno preso le armi contro il governo sudanese per protestare contro l’ineguale distribuzione delle risorse economiche. Questo conflitto ha contrapposto le forze governative sudanesi, sostenute dalla milizia nota come Janjaweed, ai gruppi ribelli che si opponevano al governo autocratico dell’ex presidente Omar al-Bashir. Il risultato di quel conflitto è macabro: trecentomila persone hanno perso la vita e milioni di altre sono rimaste sfollate. In quattrocentomila scapparono in Ciad in cerca di protezione.

La storia si sta ripetendo. Sebbene negli ultimi anni il Darfur abbia attraversato fasi di relativa calma con una riduzione della violenza, soprattutto durante il periodo della missione UNAMID, sostenuta dall’ONU e dall’Unione Africana, la situazione è peggiorata in seguito allo scoppio del conflitto a Khartoum, nell’aprile 2023, tra i gruppi paramilitari che formano le cosiddette Forze di supporto rapido e le Forze armate sudanesi. Parlando al Consiglio di sicurezza a novembre, Martha Ama Akyaa Pobee, vice segretario generale delle Nazioni Unite per l’Africa, ha spiegato che le ostilità in Sudan si sono intensificate fino a provocare una convergenza pericolosa tra il peggioramento della crisi umanitaria e una catastrofica situazione dei diritti umani.

La violenza. L’UNHCR ha più volte lanciato l’allarme per le continue notizie di violenze sessuali, torture, uccisioni arbitrarie e attacchi contro specifici gruppi etnici. Secondo Volker Türk, capo dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel Darfur occidentale centinaia di persone sono morte in attacchi di matrice etnica compiuti dalle Forze di supporto rapido e dalle milizie arabe alleate. “Tali sviluppi riecheggiano un passato orribile che non deve ripetersi”, ha detto Türk, sottolineando come questi mesi siano stati caratterizzati da sofferenze, morte, distruzione e perdite. A luglio la Corte penale internazionale ha avviato un’indagine su presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nella regione, in seguito alla scoperta di fosse comuni con i corpi di 87 membri della comunità etnica Masalit, presumibilmente uccisi dalle RSF e dalle milizie affiliate. L’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite segnala l’esistenza di almeno altre tredici fosse comuni a El Geneina, nel Darfur occidentale, e nelle aree circostanti, a seguito degli attacchi delle RSF e delle milizie alleate contro i civili Masalit. Questi atti, se accertati, potrebbero costituire crimini di guerra.

Le Nazioni Unite in Darfur. In passato le Nazioni Unite erano presenti in Darfur con la missione UNAMID, istituita dal Consiglio di Sicurezza nel luglio 2007. Il suo mandato comprendeva, tra le altre cose, la protezione dei civili e la facilitazione della distribuzione degli aiuti umanitari da parte delle agenzie dell’ONU e di altre organizzazioni non governative. UNAMID ha lasciato il Paese il 31 dicembre 2020 e il governo del Sudan da quel momento ha assunto la responsabilità di proteggere i civili in tutta la regione, in seguito anche a un accordo di pace stretto tra le autorità sudanesi e i gruppi paramilitari. Fu quindi istituita una missione politica dell’ONU, nota come UNITAMS, per sostenere il Sudan per un periodo iniziale di dodici mesi durante la transizione verso un governo democratico. Tale appoggio includeva l’istituzione della Commissione permanente per il cessate il fuoco. Nel dicembre 2023 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di porre fine al mandato dell’UNITAMS e di iniziare a ridurre le sue operazioni entro un periodo di tre mesi che terminerà il 29 febbraio 2024.

La crisi umanitaria. In Darfur i bambini muoiono negli ospedali, la malnutrizione colpisce tanto i più piccoli quanto le madri e i campi che accolgono gli sfollati sono stati rasi al suolo. Martha Ama Akyaa Pobee ha raccontato al Consiglio di Sicurezza che la violenza sessuale e di genere continua senza sosta tra stupri e molestie commessi tanto dalle RSF quanto dalle Forze armate sudanesi. Le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite hanno lasciato il Darfur quando è scoppiato il conflitto dell’aprile 2023 e molte delle loro strutture sono state saccheggiate o distrutte. Alcuni operatori sono tornati sul campo occasionalmente per portare aiuti quando la situazione della sicurezza lo ha consentito. A novembre, per esempio, alcune organizzazioni partner delle Nazioni Unite sono riuscite a raggiungere il Darfur centrale con un viaggio di cinque giorni iniziato a Kosti, nello Stato del Nilo Bianco, per consegnare forniture mediche. Molti operatori umanitari sono stati uccisi in Darfur, mentre altri lavorano in condizioni estremamente difficili per aiutare i civili. Secondo l’Ufficio degli affari umanitari delle Nazioni Unite (OCHA) il Sudan rappresenta la più grande crisi umanitaria del mondo, ma il piano di risposta degli aiuti è finanziato solo al 33 per cento. Senza un ulteriore sostegno economico, in Sudan migliaia di persone ancora sono destinate a morire.