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di Valentina Stella

Il Dubbio, 5 maggio 2023

Misure cautelari valutate non più dal Gip ma da un collegio. E in secondo grado, da toghe della Corte d’appello: riforma quasi pronta. Costa (Azione): “L’ho proposto io insieme con l’interrogatorio di garanzia: si acceleri”.

Ultimamente, quasi ogni giorno e in ogni sede, i vertici di via Arenula, in primis il guardasigilli Carlo Nordio e il viceministro Francesco Paolo Sisto, ripetono che i motori della riforma garantista si sono scaldati, e che si è pronti a partire entro giugno con i primi testi.

“Siamo molto avanti, abbiamo fatto ieri una riunione importante - ha detto Sisto all’assemblea dei commercialisti -, siamo alle battute finali prima di poter presentare una proposta modulare ma complessiva in Consiglio dei ministri. Abuso d’ufficio, traffico d’influenze, misure cautelari, qualcosa sulle intercettazioni. Insomma, è un provvedimento che lentamente ma inesorabilmente prende corpo. Vi stupiremo”. In più ieri, rispondendo a una interrogazione del senatore Scalfarotto, il numero due del dicastero ha insistito sul fatto che, sia in tema di misure cautelari sia in tema di intercettazioni, “è certa l’intenzione di adottare iniziative normative atte a garantire il principio di presunzione di non colpevolezza, di cui all’articolo 27 della Costituzione, rafforzando il controllo giurisdizionale in quei contesti”.

Ce lo aveva confermato anche il consigliere giuridico del ministro, professor Bartolomeo Romano, che in una intervista a questo giornale ha ribadito come nel pacchetto di riforme in arrivo saranno previsti “l’interrogatorio di super-garanzia da introdurre nella fase preliminare prima che vengano inflitte misure cautelari” e un organo collegiale a cui affidare le decisioni sulle misure cautelari. In particolare, il Tribunale del Riesame assumerà le funzioni attualmente svolte dal gip, mentre i ricorsi dovranno essere esaminati in Corte d’appello. In realtà queste previsioni erano contenute in un ordine del giorno e in una proposta di legge presentata già la scorsa legislatura, e poi all’inizio di quella attuale, dal deputato e responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa, che su questo puntualizza: “La collegialità rappresenta per me il modo giusto per superare la burocratizzazione degli atti del gip”. Oggi quest’ultimo “è diventato un burocrate per quanto concerne sia la proroga delle indagini sia le intercettazioni sia la custodia cautelare”. Insomma una sorta di passacarte dei pm.

Secondo i dati di via Arenula al 30 aprile 2023, ci sono in carcere 7.925 persone in attesa di primo giudizio. Il problema dunque esiste. La proposta di Costa stabilisce che “le misure cautelari personali degli arresti domiciliari e della custodia in carcere possano essere disposte esclusivamente dal giudice in composizione collegiale”. Privare i gip della possibilità di decidere sulle richieste cautelari del pm potrebbe essere un primo passo per separare i requirenti dai giudicanti, anche fisicamente, ed evitare la pressione dei primi sui secondi: “L’adeguamento del gip alle richieste dei pm non dipende solo dall’eccessivo carico di lavoro che si trovano a dover gestire ma anche purtroppo da una sorta di sudditanza nei confronti della Procura. A questo si è cercato di rimediare con la nuova regola di giudizio, e anni fa con la riforma che rafforzava gli obblighi di motivazione a carico del giudice, il quale deve fornire una valutazione autonoma che motivi la ragione della custodia in carcere. Ma tutto questo non è bastato, non è cambiato nulla”. Pertanto per Costa “una collegialità, un controllo reciproco tra i giudici chiamati ad un confronto possono essere lo strumento adatto per superare tutti i difetti dell’attuale sistema”. Inoltre il fatto che il giudice collegiale, come ha detto Nordio, “possa essere distaccato dal luogo dove si trova il pubblico ministero e quello per cui i tre giudici possano sentirsi meno deboli rispetto alle richieste del pm assicurano una maggiore ponderazione delle decisioni e, pertanto, accordano al cittadino un livello di tutela maggiore di quello che attualmente assicura la decisione del giudice monocratico”.

Tuttavia secondo alcuni avvocati con tale proposta si affievolisce la portata del Riesame: “Io preferisco che ci sia un collegio fin da subito - replica Costa - che eviti all’indagato di far varcare la soglia del carcere”. A tal proposito sempre la proposta di Costa prevede che la fase degli arresti sia “preceduta da un’udienza in camera di consiglio davanti al giudice che procede in composizione collegiale, in cui si effettua l’interrogatorio dell’indagato ovvero dell’imputato e si instaura un contraddittorio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, anche attraverso la valutazione di misure meno invasive di soddisfacimento delle stesse”. L’importanza di questa iniziativa, per il parlamentare, risiede nel fatto che “una persona non deve varcare la soglia del carcere, eccetto in casi eccezionali. Se un gip dispone la misura cautelare in carcere e poi il Riesame ti scarcera, avrai avuto pure ragione ma intanto sei passato dal carcere che può piegare una persona anche in pochi giorni, e l’esperienza ti rimarrà addosso per tutta la vita”.

L’ultima idea che Costa ha inserito nella propria proposta di legge è quella di vietare “la pubblicazione, integrale e letterale, dell’ordinanza con cui il giudice dispone le misure cautelari fino a che non siano concluse le indagini ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”. Per Costa se il governo riuscisse a portare a casa anche solo quest’ultima previsione “sarebbe un grandissimo risultato”.