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di Marina Della Croce

Il Manifesto, 14 settembre 2023

Governo sempre più isolato in Europa. Non è sfuggito a nessuno che ieri, nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, affrontando il capitolo migranti Ursula von der Leyen non ha citato l’Italia. Forse è perché il vento delle elezioni - europee e locali - ormai comincia a soffiare sempre più forte e quindi ogni Stato gioca la sua partita.

Oppure perché quello sulle migrazioni è un dossier spinoso e quindi, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la possibilità di raggiungere un accordo su una gestione comune delle decine di migliaia di persone che arrivano in Europa - come il Patto su migrazioni e asilo - è ancora molto lontana dal diventare realtà. Fatto sta che la decisione presa dalla Francia di blindare la frontiera con l’Italia e dalla Germania di sospendere le ammissioni volontarie di richiedenti asilo dall’Italia (e la stessa cosa starebbe per fare anche la Norvegia) per il governo Meloni sono una tegola che va ad aggiungersi alle tensioni già esistenti con Bruxelles.

Non è sfuggito a nessuno che ieri, nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, affrontando il capitolo migranti Ursula von der Leyen non ha citato l’Italia, uno dei paesi maggiormente sotto pressione per il numero degli sbarchi ma soprattutto partner fondamentale nel Memorandum siglato dall’Ue con la Tunisia per fermare le partenze dei barconi. Nonostante a difendere quell’intesa sia ormai rimasto il solo Ppe, la presidente della Commissione Ue l’ha rivendicata proponendola come modello da adottare anche con altri paesi. Difficile pensare che, a pochi mesi dalle elezioni europee, potesse fare diversamente. Stessa cosa per il Patto su migrazioni e asilo, che von der Leyen ha dato praticamente per fatto dopo anni di stallo. “Un accordo non è mai stato così vicino”, ha detto.

Il problema è che le cose sono un po’ più complicate di come le ha presentate la presidente della Commissione. Se sulla maggior parte dei capitoli in discussione c’è infatti un accordo di massima, due questioni importanti proprio per l’Italia come la redistribuzione obbligatoria dei migranti e la gestione delle fasi crisi dividono ancora gli Stati membri. E se sulla prima a fare muro sono i soliti paesi dell’Est (la Polonia, dove non a caso si vota per le politiche il 15 ottobre, ne ha fatto l’oggetto di un referendum), sulle fasi di crisi a mettersi di traverso è proprio la Germania, con i Verdi soprattutto che spingono per avere maggiori garanzie per i diritti dei migranti. Tanto da rendere incerto il raggiungimento di una maggioranza in sede di Consiglio Ue, passaggio fondamentale per l’approvazione del Patto.

Le decisioni prese due giorni fa da Francia e Germania sono quindi un messaggio chiaro al governo Meloni, che invece il Patto l’ha votato anche scontrandosi con gli alleati di Visegrad. Il motivo di fondo sono i movimenti secondari per i quali Parigi e Berlino da sempre accusano l’Italia non solo di non fare abbastanza per fermarli ma di non riprendere quanti, dopo essere sbarcati sulle nostre coste, hanno raggiunto il Nord Europa. “Anche noi siamo sotto pressione”, ha detto ieri un portavoce del ministero dell’Interno ricordando come su “oltre 12 mila” richieste presentate quest’anno all’Italia, “sono stati effettuati finora dieci trasferimenti”. Anche in Germania però si vota. Tra tre settimane saranno chiamati alle urne i cittadini dell’Assia e la ministra dell’Interno Nancy Faeser corre alla carica di governatore per la Spd che i sondaggi danno in flessione, assediata dalla Cdu e a soli tre punti di distanza dall’estrema destra della Afd. Non molto diverso il discorso per la Francia. Elezioni europee a parte, la decisione di raddoppiare i controlli alla frontiera con l’Italia arriva a ridosso dell’annunciata partecipazione di Marine Le Pen al raduno che la Lega terrà domenica a Pontida. Difficile che Matteo Salvini parlerà ai militanti del Ponte sullo Stretto, mentre è sicuro che approfitterà dell’occasione per tornare a battere sui migranti mettendo in difficoltà Giorgia Meloni. Argomento cavalcato anche dall’ospite francese. Aumentare il numero di poliziotti al confine è quindi un modo per Parigi per provare a smorzare almeno in parte gli attacchi della leader dell’estrema destra francese.