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di Sara Scarafia

La Repubblica, 5 ottobre 2022

L’autore di ‘Dentro’ (Einaudi), racconto del disagio di chi è nei penitenziari: “La detenzione è il problema più doloroso del Paese. Sono convinto che se la gente avesse uno straccio di lavoro, un lavoro qualsiasi, la popolazione carceraria si ridurrebbe”.

Quando Sandro Bonvissuto lo dice, lì per lì, sembra quasi ovvio. Ma appena le parole si mettono in fila nel cervello, ecco spalancarsi l’abisso. “Il male delle carceri è l’inversione dei quozienti di spazio e tempo: in genere le persone hanno pochissimo tempo e tantissimo spazio. Un detenuto si ritrova all’improvviso con tantissimo tempo e pochissimo spazio”.

Bonvissuto parla dell’emergenza suicidi nelle carceri. Scrittore romano cresciuto tra Portuense e Magliana, per Einaudi ha pubblicato un libro duro e straziante, Dentro, che racconta l’inferno delle prigioni attraverso la voce di un detenuto senza nome, senza storia. “Perché, grazie alla forza della letteratura, potesse essere ciascuno di noi”.

Bonvissuto, cos’è che non funziona?

“Chi ha sbagliato dovrebbe pagare, nel senso di restituire, rifondere. E invece il carcere non serve a niente”.

Perché ha deciso di raccontare la vita di un detenuto?

“Perché credo che la detenzione sia il problema più doloroso del Paese. Perché sono cresciuto a ridosso di un quartiere dove per ogni famiglia era normale che si entrasse e uscisse di galera. A Roma esistono due mondi e io ero finito in quello sbagliato. Ho usato la scrittura per illuminare un mio incubo, una mia ossessione. È notte, finisci in una gabbia con altri che stanno dormendo, senti i passi del secondino che si allontanano. Resti immobile, paralizzato, finché qualcuno non ti dice “ma perché non ti metti a dormire?”.

I dati sui suicidi sono allarmanti: in Sicilia già 10 dall’inizio dell’anno...

“Mi stupisco di chi si stupisce: perché stare in una cella in quattro o sei persone, essere costretti a “cagare” mentre uno ti guarda, dormire in materassi bucati, in mezzo ai vermi, perché dovrebbe rendere le persone migliori?”.

Che cosa sono le carceri oggi?

“Sono discariche sociali dove tossici, matti stanno insieme agli altri anche se avrebbero bisogno di cure e strutture adeguate. Le celle sono piene di immigrati, che hanno avuto la sfortuna di nascere dall’altra parte del mare e che sono già nel penale perché “clandestini”. Per tutti c’è un medico che passa e prescrive “le goccette”: del resto che altro ti resta se non buttarti nel letto sfondato? La vita è una punizione”.

In molte strutture penitenziarie ci sono corsi scolastici, biblioteche, laboratori per imparare un mestiere: questo può aiutare?

“I libri si fanno leggere prima che la gente finisca dentro. I corsi di falegnameria? Bisogna pensare prima a creare un tessuto lavorativo nei quartieri difficili. Prima che ci pensi la malavita a dire ai ragazzini di andare a spacciare “.

Il problema è sociale?

“Certo che lo è. Il carcere è una cosa brutta, bisogna prevenire. Il degrado genera altro degrado. Non tutti i reati sono uguali. Io sono certo che se la gente avesse uno straccio di lavoro, un lavoro qualsiasi, la popolazione carceraria si ridurrebbe”.

Il reddito di cittadinanza è stato una risposta?

“Sì, nei quartieri degradati dove i ragazzini vendono droga per comprarsi il motorino, è stato una risposta. Ma tanto adesso toglieranno anche questo sussidio”.

La politica non fa abbastanza?

“Non se ne occupa. Le carceri nuove sono tutte fuori dalle città, così non le vediamo e non rovinano il selfie scattato col cellulare”.

Perché il sovraffollamento, i suicidi dei detenuti, non vengono considerati un’emergenza del Paese?

“Perché l’uomo vuole la punizione, perché più la democrazia è evoluta più produce detenzione. Pensiamo al numero impressionante di carcerati che ha il Nord America che noi inseguiamo come modello. Nelle grandi democrazie occidentali c’è solo un indice in aumento: il numero dei detenuti”.

Come si potrebbe intervenire?

“Provando intanto a ridurre l’inversione dei quozienti spazio e tempo. Eh, poi però diranno “e allora che galera è?”. È facile se vivi ai Parioli dimenticarti che hai avuto solo fortuna. Io lo so che il male abita il mondo e il carcere potrebbe essere una clamorosa occasione per ripagare. Invece non serve a niente”.