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di Irene Famà

La Stampa, 16 ottobre 2023

Il cortometraggio di Paolo Carboni vince il LiberAzioni Festival. Dietro le sbarre del Lorusso e Cutugno il tempo è lento. Vuoto. E LiberAzioni Festival-Per un dialogo con il carcere, concorso cinematografico dedicato ai cortometraggi, pensa proprio a questo: a scardinare il trascorrere delle ore. Che annienta. Abbruttisce. L’ha vinto “Polvere” di Paolo Carboni. Che racconta di un venticinquenne finito in carcere per un errore giudiziario. Morto suicida in cella 185 giorni dopo.

Ventinove minuti che racchiudono tutto. E lo spiega bene la vicedirettrice de La Stampa Annalisa Cuzzocrea, presidente della giuria: “Un cortometraggio che mi ha colpita molto sia per la realizzazione realistica sia per il messaggio trasmesso dal protagonista”. Quale? “Basta un attimo, un granello di polvere e la vita ti cade addosso. Il dramma dei suicidi in carcere e la piaga della mala giustizia sono rappresentati con delicatezza, forza e realismo”.

Il Festival è stato un susseguirsi di proiezioni, confronti. Il mondo fuori dal carcere che incontra “chi sta dentro”. E si abbraccia pure, com’è successo con l’attrice Vera Gemma. Quei momenti, chi è recluso, li definisce di “vera democrazia”. E aggiunge: “Sono troppo rari”. Il resto? Troppo spesso è tempo che passa immobile, indifferente.

Quattro i detenuti che si sono suicidati nell’ultimo anno al Lorusso e Cutugno, due di loro avevano ventiquattro e ventotto anni. “In cella il tempo scorre. E, nonostante sia prezioso, chi è recluso non lo apprezza, deve fare passare la giornata”. Lo raccontato i bibliotecari del carcere di Torino. Che Polvere l’hanno votato all’unanimità. Per il tema della malagiustizia, “sviluppato in ogni sua sfumatura”. E per quell’interrogativo sulle ore che passano. E che portano alla disperazione.

“Faccio questo, almeno non penso”, dice un detenuto intento a piegare un foglietto di carta per trasformarlo in un origami. Il Festival va controcorrente. Così il laboratorio di falegnameria, le lezioni di fisica, di pittura, la scuola. Nella classe dove gli allievi scontano condanne per reati sessuali si insegna arte. Ovvero il valore della bellezza e del rispetto del corpo. In altri spazi si leviga il legno, si macina il caffè, si impara un lavoro. Poi c’è la biblioteca, dove si catalogano libri di filosofia e romanzi d’amore. I più gettonati. E il corso di robotica, che in un carcere rappresenta una grande novità. E un esempio da seguire perché, e lo sottolinea la garante comunale dei detenuti Monica Gallo, “bisogna cercare di dare un ruolo nuovo alla formazione. Soprattutto a quella dei più giovani”.

Le mura e le sbarre del Lorusso e Cutugno sono i confini di un quartiere sovraffollato: mille posti, oltre 1400 detenuti. Il 50% è straniero. Oltre il 13% ha meno di 24 anni. “La cultura ha una valore molto significativo per chi è in carcere”, riflette la garante. “Servirebbe una programmazione dei progetti, che non si riducano a semplici spot”. I detenuti, aggiunge, “vanno accompagnati. Stimolati. E la carenza di agenti della polizia penitenziaria incide anche sulle attività formative”. Monica Gallo non ha dubbi: “Il tempo vuoto è tempo rubato alla vita”. Il progetto di LiberAzioni Festival è tempo speso bene. D’umanità. Di riscatto.