di Simona Musco
Il Dubbio, 10 agosto 2024
Intervista al viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto: “Bisogna pure intervenire sulla legge Severino, come ci chiedono amministratori di tutte le appartenenze”. Il governo non ha mai temuto che Mattarella avesse dubbi di costituzionalità sul ddl Nordio. Che è solo l’inizio del lavoro di questo Esecutivo nel campo della giustizia: il prossimo passo può essere un intervento sulla custodia cautelare, per alleggerire il problema del sovraffollamento carcerario. A dirlo è Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia, che aggiunge: “Bisogna pure intervenire sulla legge Severino, come ci chiedono amministratori di tutte le appartenenze”.
Dopo 30 giorni il Presidente Mattarella ha firmato il ddl Nordio. Questa “attesa” è stata oggetto di interpretazioni e strumentalizzazioni: secondo alcuni il Capo dello Stato avrebbe nutrito dei dubbi di costituzionalità. Avete mai avuto segnali del genere dal Quirinale?
Nessuna dietrologia: la firma è perfettamente tempestiva; può essere che si è atteso che fosse approvato il decreto legge carceri, che include una norma sul peculato, per evitare problemi di successioni di leggi. Il via libera conferma che il provvedimento è conforme a Costituzione e, soprattutto, non infrange alcuna direttiva europea.
Eppure ancora c’è chi sostiene che l’abolizione dell’abuso d’ufficio contrasti con la convenzione di Merida...
Ancora? A parte l’avallo presidenziale, non abbiamo mai avuto dubbi in proposito: avevamo esaminato attentamente la Convenzione per quanto riguarda l’abuso di ufficio e non è previsto alcun obbligo, ma solo un invito a considerare l’adozione della fattispecie. Non c’era dunque alcuna perplessità sulla conformità del ddl Nordio 1 alle direttive europee. Ciò anche tenuto conto dell’arsenale normativo di cui disponiamo, parola di Nordio, in tema di corruzione.
Come ha interpretato le polemiche?
Una tecnica mediatica un po’ vintage: il tentativo di creare un problema che non esiste. Ed è stato dimostrato coi fatti che davvero non esisteva. Ma le opposizioni, è giusto, fanno il loro mestiere.
Il passaggio successivo, stando alle dichiarazioni di Nordio, è una riforma della custodia cautelare. C’è già un’idea di massima?
Si è preso atto che si tratta di un terreno che, concausalmente, è responsabile del sovraffollamento carcerario. È necessaria una riflessione su alcuni parametri che possono essere quello della selezione dei reati o quello della migliore delimitazione delle esigenze cautelari e segnatamente della lettera c) del 274, il rischio di reiterazione, che soffre di eccesso di discrezionalità. Ancora nulla di deciso: si è preso atto della necessità di una riflessione per verificare se sono possibili soluzioni che, senza disequilibrare il regime delle misure custodiali, possano razionalizzare meglio il rapporto fra l’eccezionalità della misura e un processo che non deve essere per forza caratterizzato da misure cautelari. La misura cautelare deve essere, va ribadito, un’eccezione necessaria.
Gli effetti di queste misure sono valutabili solo a lungo termine. In questo momento, però, c’è un’emergenza in atto. Come si agisce nell’immediato?
Che il problema delle carceri sia drammatico, noi di Forza Italia lo percepiamo con particolare sensibilità. Abbiamo in corso “Estate in carcere”, iniziativa fortemente voluta da Antonio Tajani per monitorare le condizioni degli istituti di pena. Si sa che per noi è un problema di grande rilevanza e su cui ovviamente ci siamo spesi e continueremo a spenderci. Certo, mantenendo l’unitarietà della coalizione, ma provando a far valere i valori di Forza Italia. Crediamo nell’articolo 27: la pena deve essere afflittiva, ma deve essere contemporaneamente altrettanto rieducativa. Afflizione e rieducazione sono due canali stereofonici che devono necessariamente rimanere insieme. Detto questo, è chiaro che le terapie sono variegate e articolate, ce ne sono alcune più rapide, come quella di incentivare la maggiore fruibilità delle misure alternative alla detenzione. Nessuno spazio per gli automatismi, che sono addirittura controproducenti anche per la finalità rieducativa: dire che bisogna uscire dal carcere perché non c’è posto non è conforme alla Costituzione e provoca, inevitabilmente, la recidiva. Trovare le forme per ampliare il ricorso alle misure alternative può essere certamente una via da percorrere, anche di seguito alla verifica degli effetti di questo decreto legge. La riunione a Palazzo Chigi dimostra proprio la sensibilità del governo, la necessità di non perdere di vista il problema, di tenere alta la guardia. Fai un decreto, vedi come va, però nel frattempo ti poni il problema di cos’altro può essere fatto e te lo poni subito. Si è stabilito che Nordio abbia un incontro con il Presidente Mattarella per informarlo di tutto quello che si sta facendo e per insistere, in particolare, sul tema dei magistrati di sorveglianza, per rimpolpare i ruoli e rendere possibile che anche i giudici ordinari possano andare nei Tribunali di Sorveglianza.
E come aiuta questo ad affrontare ora i 40 gradi in cella?
La situazione è certamente drammatica, però con questo decreto legge, che prevede ad esempio interventi sulla sanità, sulla polizia penitenziaria, sulle misure alternative, sugli ultrasettantenni, sugli ammalati che sono agli arresti domiciliari, sul lavoro di pubblica utilità, qualche tentativo di soccorrere immediatamente il pianeta-carcere è stato fatto. Bisogna verificare gli effetti che avrà e ovviamente, se ci sarà la necessità, avere la prontezza di intervenire con altrettanta rapidità. Poi c’è la fondamentale nomina del commissario che dovrà preoccuparsi dei piccoli e grandi problemi dell’edilizia penitenziaria. Faremo di più, se necessario. Noi siamo pronti, e noi di Forza Italia prontissimi.
Il caso Toti ha resuscitato il dibattito, mai sopito, sul rapporto tra magistratura e politica e spinto il ministro Salvini a invocare uno scudo penale. Cosa ne pensa?
La questione dello scudo penale è antica. Io credo che bisognerebbe porsi il problema in chiave di costituzionalità, perché oggi noi abbiamo un articolo 68,dimezzato, soltanto per i parlamentari. Se qualcuno pensasse solo ai presidenti di Regione dovrebbe spiegare perché non pensare anche ai sindaci, agli assessori. Il tema corre il rischio di allargarsi a dismisura. Serve una riflessione approfondita, probabilmente rivolta più al processo che alla Costituzione.
L’onorevole Pittalis ha ricordato, in questo contesto, una sua proposta: quella che modifica la Legge Severino...
Sulla Severino bisogna intervenire, e rapidamente. È del tutto irragionevole, alla luce della presunzione di non colpevolezza, che una sentenza di primo grado, magari per fatti non gravi, paralizzi la vita istituzionale di un Comune o di una Regione. Credo che questo sia uno dei compiti a cui prossimamente ci toccherà assolvere. Siamo in condizioni, con un governo eletto dal popolo, di rivedere quelle norme e di restituire tranquillità ai nostri amministratori, evitando squilibri ingiustificati.
Cito il professore Cassese: c’è la necessità di far sì che ci sia un equilibrio tra l’esigenza di giustizia e l’esigenza di garantire una continuità amministrativa?
Si chiama, ancora una volta, presunzione di non colpevolezza. Basterebbe rispettare l’articolo 27 e tanti problemi non esisterebbero. Questo è un Paese a corrente alternata, in cui molte volte il processo mediatico, senza legittimazione alcuna, scalfisce pesantemente quella meravigliosa norma della Costituzione. Ciò che viene comunicato vale più di quello che è reale e vero. Serve buon senso istituzionale da parte della magistratura e da parte della politica. Non vedo la necessità di scontri. Episodi che lasciano sospettare che ci siano processi politicamente orientati non fanno bene al rapporto fra politica e istituzioni, non fanno bene ai cittadini, perché poi se politica e magistratura litigano, chi ne fa le spese sono sempre soltanto i cittadini.
Si parla da un lato di una magistratura che vuole moralizzare la politica e di una politica che invece poi rinuncia al proprio ruolo ed evita di difendersi...
Io credo che l’articolo 101 della Costituzione vada rispettato. Il Parlamento scrive le leggi e la magistratura le applica. Questo è fondamentale e se qualcuno pensa di poter scrivere la politica con i processi torniamo indietro di 30 anni. Credo che questo ormai debba essere un fenomeno da respingere decisamente al mittente. È necessaria una riappacificazione costituzionale, che a me sembra assolutamente decisiva. Basta seguire le regole della Costituzione, il 101, il 104, il 111: sono tre norme che con l’articolo 27 disegnano una roccaforte, un quadrilatero inespugnabile per i diritti di politica, magistratura e cittadini.
Si è discusso molto delle frasi contenute nel manuale di Francesco Gazzoni, che esprime giudizi misogini e parla di toghe instabili. Cosa ne pensa?
Su Gazzoni voglio dire tre cose. Una rondine non fa primavera e mi sembra che ci sia una strumentalizzazione eccessiva del parere di una singola persona. Anche noi abbiamo dovuto ascoltare tante affermazioni imbarazzanti: c’era chi diceva addirittura che gli innocenti sono dei colpevoli che l’hanno fatta franca, eppure nessuno ha dato più peso di quanto potessero averne alle parole di chi, all’epoca, era anche un magistrato importante. Si tratta di un’opinione personalissima, quanto esecrabile. Lo dico con molta franchezza, non ho trovato né nel Torrente né nel Trimarchi, manuali storici del diritto privato, nessuna espressione di questo genere. In un manuale di diritto privato non c’è nessun bisogno di illustrare con fumetti di cattivo gusto il ruolo della magistratura. Il luogo è sbagliato, i contenuti sbagliatissimi, perché questo crucifige della magistratura, condivido il pensiero di Margherita Cassano, non sta né in cielo né in terra, anzi contribuisce ad acuire inutilmente un conflitto che non ci dovrebbe nemmeno essere. Dobbiamo provare a dialogare con la parte della magistratura disponibile a discutere, quella che fa il proprio dovere. Credo che il professor Gazzoni, che non ho avuto il piacere di conoscere, abbia esternato dei suoi inaccettabili pregiudizi e con i pregiudizi non si va da nessuna parte. Quindi: condanna secca di quelle espressioni inappropriate, ingiuste e di cattivo gusto, del tutto infondate, sia per il merito sia per il luogo. Si può dissentire con la magistratura per mille ragioni, ma, come nelle migliori competizioni, ci si deve rispettare reciprocamente.