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di Liana Milella

La Repubblica, 5 agosto 2024

Il Guardasigilli ha sempre garantito, anche in Europa, che il reato cancellato poteva essere sostituito da altri. Ciò è impossibile per la consigliera meloniana del Csm. Nordio non ha detto la verità sull’abuso d’ufficio. Perché non è vero, come lui ha ripetuto di continuo, anche in Europa, che ci sono altri 17 reati di corruzione per sostituirlo. La sua tesi si scontra ora con il caso di Rosanna Natoli, la consigliera del Csm in quota meloniana indagata proprio per questo reato. Per una coincidenza, da un lato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sul tavolo il ddl sul reato da cancellare già votato dal Parlamento, deve valutarlo ed eventualmente licenziarlo. Dall’altro, da presidente del Csm, ha spiegato al suo vice Fabio Pinelli quanto la permanenza di Natoli a palazzo Bachelet sia inaccettabile.

Ma Pinelli, che antepone il suo ruolo “politico” di componente indicato dalla Lega a quello istituzionale, non deve aver sollecitato il passo indietro di Natoli. E a dimostrarlo c’è il calendario, perché sono passate ormai due settimane dall’invito di Mattarella, e Natoli è ancora lì al suo posto. Nel frattempo la procura di Roma l’ha indagata per abuso d’ufficio e rivelazioni del segreto per via del suo incontro a Paternò con la magistrata sotto inchiesta disciplinare Maria Fascetto Sivillo sul cui destino, da giudice del Csm, avrebbe dovuto decidere.

Giusto l’11 luglio la Camera ha cancellato proprio l’abuso d’ufficio. Se Mattarella firma la conferma della legge Nordio - si badi, non un passo formale ma assolutamente sostanziale, perché comporta il primo vaglio di costituzionalità sull’intera legge - quel reato, che vive dal 1930 e ha alle spalle cinque modifiche, verrà abolito e di conseguenza il presunto reato commesso da Natoli, cioè l’abuso della sua stessa funzione in quanto consigliera del Csm, verrà meno e non ci sarà un altro reato simile che le possa essere contestato. Natoli resta sotto indagine comunque, ma solo per la rivelazione di un segreto.

Una situazione indiscutibilmente complicata. Determinata dalla più assoluta mancanza di sensibilità istituzionale della consigliera, che evidentemente si ritiene nel giusto e non vede reati nell’aver parlato con una magistrata di cui lei stessa era giudice. E che ipotizza perfino di denunciare i suoi stessi colleghi del Csm che quel mercoledì le hanno consigliato, per evitare ovvi imbarazzi, di non essere presente al plenum che doveva nominare il procuratore di Catania. Ma forse è proprio questa - la denuncia contro i colleghi - la “mossa” di cui era già al corrente il Guardasigilli Nordio che ne parla in un’intervista.

Ma torniamo a Mattarella e alla firma sull’abuso d’ufficio. Il Quirinale ha già imposto al governo di mettere una prima “toppa” al disegno di legge inserendo nel decreto sulle carceri il peculato per distrazione che sana una grave anomalia rispetto agli impegni assunti dall’Italia con l’Europa. Ma ora il caso Natoli ne mette in luce un’altra, ben più grave, il “buco” insanabile nel codice penale - sempre negato da Nordio - che si viene a creare invece di fronte a un comportamento platealmente illecito che però non troverà più una corrispondenza per essere contestato. E a codice penale vigente non è stata una forzatura da parte della procura di Roma l’aver iscritto Natoli proprio per quel reato.

Certo Nordio non poteva immaginare una coincidenza così rivelatrice rispetto al vuoto di tutela su cui tante volte hanno insistito, anche nelle audizioni alla Camera e al Senato, i giuristi italiani. Su Repubblica l’ha fatto più volte Gian Luigi Gatta, il docente di diritto penale della Statale di Milano. Ma la maggioranza è stata volutamente sorda. Fino al voto definitivo. Certo adesso il caso Natoli, sull’orlo dell’ultima firma del capo dello Stato, non può non far riflettere tutti.