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di Ermes Antonucci

Il Foglio, 9 agosto 2024

Solo la premier evita lo strappo tra gli alleati. Sulle carceri, Tajani e la famiglia Berlusconi non si accontentano del decreto Nordio, che non risolve l’emergenza. I diritti adesso valgono un governo. Il via libera definitivo della Camera al decreto carceri, oltre a porre seri interrogativi sull’utilità del provvedimento (che, a detta di tutti gli esperti del settore auditi in Parlamento, non contiene alcuna misura capace di intervenire nell’immediato sul sovraffollamento carcerario, pari a 14 mila detenuti, tra le cause del record di suicidi dietro le sbarre), si è accompagnato a un caso politico. Proprio mentre a Montecitorio si votava per la conversione in legge del decreto, infatti, mercoledì pomeriggio a Palazzo Chigi si teneva un vertice di governo incentrato sulle carceri. Un paradosso, dietro il quale si cela una frattura vera nel governo. Per capire da dove è nato il vertice bisogna tornare indietro di alcuni giorni. Precisamente al 24 luglio: il “momento critico”, viene definito da fonti del ministero della Giustizia, nel senso che quel giorno la maggioranza di governo ha rischiato di saltare per aria.

Nei giorni precedenti, Forza Italia alla Camera si era detta pronta a votare a favore (con alcune correzioni) della proposta Giachetti, che prevede di alzare da 45 a 60, per ogni semestre, i giorni per la liberazione anticipata, ritenendola l’unica misura capace di ridurre il grave sovraffollamento negli istituti di pena. L’ipotesi dei forzisti viene bocciata nettamente da Fratelli d’Italia e Lega, come già era successo ai tempi dell’elaborazione del decreto carceri. La spaccatura è profonda e la mattina del 24 luglio nello studio di Giulia Bongiorno si tiene un vertice con Nordio, il viceministro forzista Sisto e i sottosegretari Ostellari (Lega) e Delmastro (FdI).

La trattativa è “complessa”, Sisto prova a far passare le proposte “umanocentriche” di FI, ma va contro un muro. Alla fine FI è costretta a cedere, incassando il via libera a due soli emendamenti marginali. La maggioranza sopravvive, ma tra mille tensioni. La premier Meloni lo sa e il 31 luglio fissa l’incontro che si è poi tenuto mercoledì pomeriggio, per ristabilire unità tra gli alleati. Al termine del vertice Nordio promette “soluzioni a breve e medio termine per il sovraffollamento carcerario”. Un annuncio che fa a botte col decreto appena approvato, ma che serve a tenere a bada FI.

Insomma, il vertice di governo era stato convocato una settimana prima, quindi il fatto che si sia svolto in concomitanza col voto finale della Camera sul decreto carceri non è assolutamente da intendersi, come ha sostenuto qualcuno dall’opposizione, come uno sgarbo al Parlamento. Piuttosto, a sorprendere è la promessa di Nordio di soluzioni nel breve periodo per rispondere all’emergenza carceri (a dispetto di chi pensava che l’obiettivo del decreto, per definizione urgente, dovesse essere proprio quello). Le soluzioni individuate da Nordio sono sostanzialmente tre: modifiche alle norme sulla custodia cautelare, così da ridurre il numero di detenuti in attesa di giudizio, una maggiore copertura della pianta organica dei giudici di sorveglianza e prevedere che i detenuti tossicodipendenti possano scontare la pena in comunità. Nordio ha anche fatto sapere di aver chiesto un incontro al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Ancora non è chiaro come Nordio intenda muoversi su queste tre strade. Quella più incisiva è senz’altro costituita dalla magistratura di sorveglianza, che però vive una situazione drammatica: i giudici di sorveglianza sono soltanto 236, impiegati in 29 tribunali, e decidono su un numero altissimo di fascicoli. Basti pensare che sono circa 100 mila le posizioni al vaglio solo per quanto riguarda i condannati in stato di libertà che devono espiare pene uguali o inferiori a quattro anni, come ha sottolineato Giovanni Maria Pavarin, a lungo responsabile del Coordinamento nazionale magistrati di sorveglianza (Conams). Ciò che serve è un miracolo, e la sveglia di Nordio giunge forse con colpevole ritardo. Intanto in Forza Italia, chissà, sarà anche per la sensibilità di Pier Silvio e Marina Berlusconi sul tema dei diritti, c’è chi giura che la battaglia sulle carceri è solo cominciata.