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di Gianluca Lettieri

Il Centro, 9 giugno 2023

Pentole e posate contro le sbarre della cella in segno di protesta contro la decisione della direzione del carcere di diminuire il numero delle telefonate ai parenti. Ma anche restrizioni nelle ore della giornata per quanto riguarda la libertà di muoversi e socializzare all’interno della sezione di appartenenza.

È iniziata nella serata di martedì la protesta da parte dei detenuti del supercarcere di Sulmona con l’obiettivo di attirare l’attenzione su un problema a loro molto caro: il contatto telefonico con i loro parenti e la libertà di muoversi durante la giornata. Almeno una volta al giorno i detenuti del carcere di Sulmona faranno rumore sbattendo sulle grate in ferro delle finestre e dei cancelli delle celle pentole, piatti e mani.

I detenuti, durante l’emergenza pandemica, avevano avuto ulteriori concessioni, tra cui la possibilità di telefonare ai propri cari con maggiore frequenza, anche con video chiamate, per verificare il loro stato di salute e mantenere un contatto costante in un momento particolarmente difficile. La fine dello stato di emergenza ha ripristinato il vecchio protocollo che prevede la possibilità di contattare i parenti per sole due volte al mese. Un ritorno al passato anche per quanto riguarda la libertà di muoversi all’interno del penitenziario che ha generato un clima di malcontento tra i detenuti che hanno fatto scattare la protesta che sarà portata avanti tutti i giorni, a un’ora stabilita, almeno fino a quando dalla direzione del carcere non arriveranno novità sui tempi di contatto telefonico con l’esterno.

“Nel carcere di Sulmona c’è una particolare tipologia di detenuti che ha delle restrizioni che non hanno i detenuti comuni e che, dal 2015, in ragione di un tacito consenso, non erano state più applicate”, spiega il direttore del carcere di Sulmona Stefano Liberatore.

“Abbiamo ricevuto delle precise direttive da Roma per il ripristino delle restrizioni sospese, con il risultato che i reclusi non possono più muoversi in libertà come facevano prima. Fermo restando che devono essere garantite loro 8 ore di movimento, di socialità, di studio, di lavoro e di scambi di conviviali tra una cella e un’altra, nell’ottica della rivisitazione del trattamento della custodialità”.