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di Fabio Tonacci

La Repubblica, 24 luglio 2023

Nello spazio occupato di Spin Time Labs riuniti egiziani, sudanesi, gambiani, eritrei: “Gli accordi non fermeranno le partenze”. Dovrebbero essere i veri protagonisti del vertice internazionale alla Farnesina sulle migrazioni ma poiché i governi non hanno interesse ad ascoltare la loro voce, i rifugiati africani si sono fatti un proprio controvertice.

Per dire, anzi per urlare, che il “modello Tunisia” di gestione dei flussi, molto simile al già fallimentare “modello Libia”, non è la soluzione. “Perché non fermerà le partenze dall’Africa”, “perché non tutela i diritti umani”, e, infine, “perché il denaro dell’Europa finirà nelle mani sporche di pochi, come già accaduto a Tripoli”.

Tra la Farnesina e l’auditorium dello Spin Time Labs, spazio sociale occupato al quartiere Esquilino dove è stato organizzato il controvertice, ieri c’erano anni luce di distanza. “Quelli che i Paesi europei stanno firmando con gli stati del Nord Africa non sono veri accordi di sviluppo”, sostiene David Yambio, sudsudanese di 25 anni arrivato lo scorso anno in Italia su un barcone e portavoce del movimento Refugees in Libya.

“I memorandum prevedono, come premessa, di fermare il transito dei migranti, che è già di per sé una limitazione della nostra libertà: così facendo spingeranno sempre più persone ad affidarsi ai trafficanti. L’Italia e l’Ue hanno di recente stanziato per la Tunisia più di 100 milioni di euro, che non finiranno alla gente ma ad aziende private e a politici corrotti. Come è successo in Libia, dove la missione indipendente ha scoperto che i fondi Ue finanziano le milizie responsabili di abusi e violazione dei diritti umani. Il sostegno economico dovrebbe andare ai Paesi di origine dei migranti, per rendere possibile una vita dignitosa lì”.

Refugees in Libya e la piattaforma civica Mediterranea Saving Humans hanno organizzato il controvertice, che non va pesato dal numero dei partecipanti (una cinquantina, tra cui rifugiati egiziani, sudanesi, gambiani, egiziani, eritrei), ma dalle parole che dicono. “Dare soldi in cambio del contenimento dei migranti e dei respingimenti è disumano”, interviene don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea. “Proprio mentre si siglano questi accordi, le milizie tunisine deportano e intrappolano i migranti in zone desertiche e alcuni di loro sono già morti di sete. Lo ha denunciato anche Papa Francesco all’Angelus, dopo che venerdì lo abbiamo incontrato e gli abbiamo fatto vedere le foto degli uomini e delle donne abbandonati nel deserto della Tunisia”.

Il Paese governato dal controverso presidente Kais Saied è al centro del dibattito, sia per il recente memorandum firmato anche dalla premier italiana sia per la consistenza delle partenze (il 50 per cento circa degli 83 mila sbarchi sulle coste italiane nel 2023). “In Tunisia non c’è più democrazia né libertà”, racconta Majdi Karbai, parlamentare tunisino costretto a fuggire in Italia dalla persecuzione giudiziaria causata dalle sue critiche al presidente. “Ci sono arresti arbitrari di giornalisti, di attivisti, di chi ha sognato la rivoluzione. Non si può neanche manifestare. Ecco perché la gente scappa. Quello di Saied è un regime dispotico, e nonostante ciò l’Europa gli dà aiuti per mantenerlo solido ed esternalizzare così il controllo delle sue frontiere. Questa è una forma di neocolonialismo”.